Testo basato sulla mia relazione al convegno “La presidenza Obama: un bilancio dei suoi otto anni fra luci ed ombre”, organizzato a Bologna, il 15 dicembre 2016, dal Centro interuniversitario di storia e politica euro-americana (Cispea) e dal Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna. Ringrazio gli intervenuti e in particolare il mio discussant, Sergio Fabbrini, per le osservazioni critiche e i suggerimenti. L’intero convegno è stato registrato da Radio Radicale, e chi proprio non potesse farne a meno può ascoltarlo qui. In parte pubblicato sul settimanale Left del 14 gennaio 2017.
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Il primo punto del mio intervento è introduttivo e credo piuttosto scontato. Riguarda la presenza della polarizzazione politica di partito come fatto centrale e rilevante nella vita pubblica nazionale durante i due mandati dell’amministrazione di Barack Obama. Dove la mia attenzione è concentrata sulla dimensione federale, anche se la polarizzazione ha investito alla grande i governi statali e locali. E dove per polarizzazione intendo la crescente distanza politico-ideologica fra i due partiti principali (repubblicano e democratico), la loro netta contrapposizione ideale e pratica, la difficoltà e spesso il rifiuto di qualsiasi cooperazione bipartisan, di qualsiasi collaborazione legislativa across the aisle.
Direi di più: non c’è solo la presenza della polarizzazione politica ma proprio il suo inasprimento – negli otto anni obamiani che ci stanno alle spalle.
Obama aveva espresso intenzioni e speranze di pacificazione politica all’avvio della sua avventura, per esempio nel discorso di insediamento del 21 gennaio 2009: por fine alle “recriminazioni e ai logori dogmi che per troppo tempo hanno strangolato la nostra vita politica”, perseguire “l’unità di intenti al posto del conflitto e della discordia”, inaugurare “una nuova era di responsabilità”. Parole di routine nei discorsi presidenziali, d’accordo, ma da Obama ripetute con passione fin da quando si era affacciato alla scena politica. A fronte a queste speranze e intenzioni, è chiaro che le cose non sono andate così. Anzi, come lo stesso presidente ha riconosciuto nel suo ultimo anno alla Casa bianca, sotto di lui la polarizzazione si è accentuata, ha raggiunto nuovi picchi.
Certo non hanno aiutato, all’inizio della storia, i commenti elitari, paternalistici, sprezzanti di Obama sulla cultura di certi elettori popolari a lui contrari (quelli che “si aggrappano alle armi o alla religione”: aprile 2008). Commenti simili, d’altra parte, sono venuti dal repubblicano Mitt Romney nelle elezioni successive (il 47% di americani a lui ostili perché “dipendono dal governo”: settembre 2012). Oppure da Hillary Clinton quest’anno (i seguaci di Donald Trump come “the basket of deplorables”: settembre 2016). Parole così sono un segno importante. Violano una regola cruciale del galateo del buon candidato: mai offendere gli elettori dell’avversario, mai darli per persi, cercare piuttosto di sedurli. Offenderli, in un ambiente pubblico o semi-privato che facilmente diventa pubblico, significa che la polarizzazione è entrata nella testa anche dei politicians di professione – che, per il loro cinismo, dovrebbero essere più saggi, saperla più lunga.
La polarizzazione partitica in Congresso è un dato storico di lungo periodo, evidenziato da molte ricerche e riassunto in forma sintetica nella figura qui sotto.
Fonte: Howard Rosenthal, Keith Poole, http://polarizedamerica.com
Per ciò che riguarda l’amministrazione Obama, la polarizzazione è un dato della cronaca politica: la contrapposizione radicale in entrambe le camere, il reciproco filibustering tutte le volte che ce n’è stata l’occasione, le conquiste di maggioranze Repubblicane alla Camera nel 2010 e anche al Senato nel 2014. Con le conseguenze sulle quali è inutile insistere: ostacoli di ogni sorta ai programmi del presidente e infine il loro blocco, infine la paralisi legislativa del governo. Negli ultimi anni Obama ha cercato di aggirare le difficoltà facendo ricorso a strumenti amministrativi e agli executive orders, e ciò ha comportato ulteriori problemi. Per esempio, ha accentuato fra i conservatori l’idea che Obama aspirasse alla tirannia o già fosse un tiranno – tirannia, altro che polarizzazione.
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Il secondo punto riguarda una questione che è discussa dagli studiosi che si occupano di questi fenomeni, e cioè se la polarizzazione sia solo un fenomeno di ceto politico oppure anche di elettorato, e quali siano le influenze e interazioni reciproche. Continua a leggere qui.
- L’eterno ritorno delle fake news, ovvero l’eroica resistenza dei giornalisti di Kansas City (nel 1910)
- La solitudine di Trump, la solitudine dell’America
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