Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Harvard e il ritorno del maccartismo (contro la presidente di Harvard)

Come è possibile che si arrivi, in una audizione congressuale, a uno scambio come questo, surreale, in apparenza ignobile, fra la deputata repubblicana (super trumpiana, nonché ex allieva di Harvard) Elise Stefanik  e la presidente di Harvard University, Claudine Gay? 

Stefanik: Dottoressa Gay di Harvard? Invocare il genocidio degli ebrei viola le regole di Harvard su bullismo e molestie (bullying and harassment)? Sì o no?

Gay: Potrebbe, dipende dal contesto.

Ci si arriva, a questo scambio che è diventato virale nel dibattito pubblico, per varie ragioni che a me non sembrano quelle che rimbalzano su molti media. O almeno questa è la mia impressione, dopo che sono andato a vedere le carte. Ma date un’occhiata anche voi, un po’ di trascrizioni le ha pubblicate il Washington Post, e qui c’è una sintesi video.  

Intanto un minimo di cronaca. Il 5 dicembre scorso l’Education Committee della Camera, nell’ambito di una indagine sull’antisemitismo nei campus universitari, ha convocato tre presidenti di università private, la crème de la crème. E cioè Sally Kornbluth del MIT di Boston, Liz Magill della University of Pennsylvania a Filadelfia, e appunto Gay di Harvard. Alla fine di parecchie ore di audizione sono arrivate, per tutte e tre, le domande che hanno fatto scandalo. Per lo scandalo Liz Magill ha dato le dimissioni, unica per il momento.

Per semplicità, parlo solo del caso di Gay.

E dunque, vediamo un po’. In primo luogo l’on. Stefanik, nei suoi interrogatori, ha imparato le tecniche di inquisizione di Joe McCarthy. La visione dei video che circolano e la lettura delle trascrizioni sono istruttive. Ma forse basta quel “Yes or no?” ripetuto con insistenza. C’è la pretesa di avere risposte secche a questioni complesse, a domande manipolate come piace a me, e se non rispondi seccamente sei una persona ambigua, inaffidabile, sospetta. 

Infatti, in secondo luogo, la domanda di Stefanik è la conclusione di una manipolazione retorica ben riuscita. E la risposta di Gay ha presente la domanda vera non manipolata, una questione seria, che riguarda il confine delicatissimo fra la libertà di espressione (protetta) e l’esercizio concreto (sanzionato) dell’intimidazione e della violenza. Ma a Gay mal gliene incolse, per l’errore, e ovviamente è colpa sua.

Infine dunque, in terzo luogo. Claudine Gay non ha la presenza di spirito di sottrarsi alla manipolazione e di mandare a quel paese la deputata, con tutta la grazia del caso. Potrebbe rispondere “certo che sì”, qualunque cosa ciò voglia dire in pratica, cioè niente. E magari, mostrando un po’ di faccia tosta, potrebbe aggiungere una citazione dagli anni Cinquanta, “Senator McCarthy, have you no sense of decency?”.

Andando un po’ indietro nell’audizione, si capisce di cosa sto parlando. Stefanik chiede a Gay se ha familiarità con il termine “intifada”. E scatta la trappola.

Stefanik: E lei sa che l’uso del termine “intifada” nel contesto del conflitto arabo-israeliano è in effetti un appello alla resistenza violenta armata contro lo stato di Israele, inclusa la violenza contro i civili e il genocidio degli ebrei. Ne è consapevole?

Gay: Questo tipo di linguaggio d’odio lo trovo personalmente ripugnante.

Stefanik: E ci sono stati molteplici cortei a Harvard con gli studenti che gridano, cito, C’è solo una soluzione – intifada, rivoluzione, e anche, cito, Globalizzare l’intifada. E’ corretto?

Gay: Ho ascoltato nel campus questo linguaggio avventato, irresponsabile, detestabile, sì. 

Stefanik: Così, sulla base della sua testimonianza, lei è d’accordo che questo appello all’intifada è per commettere un genocidio contro gli ebrei in Israele e globalmente? E’ corretto?

Gay: Lo ripeto, questo tipo di linguaggio d’odio mi ripugna personalmente.

Stefanik: Crede che questo tipo di linguaggio d’odio sia contrario al codice di condotta di Harvard, o è consentito a Harvard?

Gay: E’ in contrasto con i valori di Harvard.

A tutte le osservazioni di Stefanik, Gay risponde dunque che un simile linguaggio le è odioso, e che certo non è un valore di Harvard. Ma ora Stefanik cambia registro. Ha stabilito l’equiparazione fra intifada e genocidio degli ebrei, d’ora in poi la da scontata, indiscutibile, la attribuisce anche a Gay, e Gay non la contesta. E chiede non più che cosa Gay pensi di queste cose (orribili!) – ma che cosa l’amministrazione di Harvard, di cui è a capo, intenda fare per contrastarle. 

Tutt’altra questione, come ognun comprende, o dovrebbe comprendere: ha a che fare con le regole istituzionali, non le opinioni personali. 

E infatti le risposte di Gay diventano complesse, come dovrebbero essere. Ma McCarthy Stefanik, che ha annusato il sangue, non accetta risposte così. Come il vecchio Joe, vuole roba semplice, che si venda bene.

Stefanik: Può affermare qui che ciò è contro il codice di condotta di Harvard?

Gay: Noi adottiamo una politica di difesa della libertà di espressione, anche di punti di vista detestabili, offensivi, odiosi. E’ solo quando le parole diventano condotta che c’è violazione delle nostre norme contro il bullismo, le molestie, le intimidazioni… 

Stefanik interrompe: Ma come, quelle parole non hanno superato il confine? Quelle parole non invocano il genocidio degli ebrei e la fine di Israele? Quando lei testimonia di capire che quella è la definizione di intifada, quelle parole sono in accordo con il codice di condotta o no? 

Gay: Noi adottiamo una politica di difesa della libertà di espressione, anche di punti vista che sono detestabili.

Vale la pena di sottolineare che a Gay è stata appena proposta una domanda simile per problematicità ma che, maliziosamente, potrebbe starle più a cuore visto che è afroamericana (e magari woke): e se si invocasse il genocidio dei neri? La sua risposta è la stessa. O meglio, cerca di essere la stessa, se Stefanik la lasciasse parlare, se non la interrompesse, se fosse interessata a capire e non a guadagnare punti.

Stefanik interrompe: E’ una domanda sì o no. A Harvard, è okey per gli studenti invocare l’assassinio di massa degli afroamericani? E’ libertà di parola protetta?

Gay: Il nostro impegno in difesa della libertà di parola si estende…

Stefanik interrompe: E’ una domanda sì o no.

Quando alla fine l’on. Stefanik torna sull’argomento con Gay, va sul sicuro. La domanda è semplice semplice, basata su una verità ormai consolidata, solida come una roccia. Dell’intifada in quanto tale non c’è più traccia, si va solo sul genocidio. 

Stefanik: Dottoressa Gay di Harvard? Invocare il genocidio degli ebrei viola le regole di Harvard su bullismo e molestie? Sì o no?

Gay: Potrebbe, dipende dal contesto.

StefanikQual è il contesto?

Gay: Quando è mirato, indirizzato a un individuo?

StefanikE’ indirizzato agli studenti ebrei, agli individui ebrei. Capisce che la sua testimonianza li sta disumanizzando? Cpisce che la disumanizzazione è parte dell’antisemitismo? Lo chiedo ancora una volta. Invocare il genocidio degli ebrei viola le regole di Harvard su bullismo e molestie? Sì o no?

GayQuando la retorica antisemita diventa condotta, quello si configura come bullismo, molestie, intimidazione, quella è condotta su cui agire, e noi in effetti agiamo.

Stefanik: Allora la risposta è sì. Invocare il genocidio degli ebrei viola il codice di condotta di Harvard. Corretto?

GayDi nuovo, dipende dal contesto.

Stefanik: Non dipende dal contesto. La risposta è sì e questa è la ragione per cui dovrebbe dimettersi. Queste sono risposte inaccettabili, tutte quante.

Insomma Gay insiste a distinguere fra la parola in generale e la condotta specifica contro individui specifici, il famoso “contesto” appunto, la condizione che fa scattare l’accusa di intimidazione, bullismo, molestie – ma inutilmente, la conversazione è finita, il chiodo sulla bara è stato piantato. Ci saranno scuse – da parte di Gay, voglio dire, ma non ci saranno scuse che tengano.

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