
The looking glass for 1787. A house divided against itself cannot stand. New Haven: 1787. Library of Congress
Sarebbe bello che una costituzione, o una più modesta riforma costituzionale, fosse un documento che unifica, pacifica, crea concordia universale. Il fatto è che, spesso, un documento di unione lo diventa solo guardando le cose con il senno di poi, nello specchietto retrovisore della memoria, quando il documento stesso ha acquisito l’aura e la sacralità del tempo che fu. Magari, al momento della sua adozione, è stato oggetto di scontri aspri, spesso incivili, melmosi e tristi. Perché gli uomini non sono angeli, per citare uno dei padri della seconda costituzione americana, James Madison. Perché invece sono ambiziosi, vendicativi e rapaci, per citare il suo compare di avventura Alexander Hamilton.
Appunto, per dire, la Costituzione federale degli Stati Uniti. Prima di diventare il sacro testo fondante del paese, nel 1787-1788 è stata oggetto di una battaglia per la ratifica durissima, che ha spaccato in due il paese per un lungo inverno, e che ha prodotto due serie contrapposte di interventi teorici ancora oggi molto influenti. Da una parte ci sono gli articoli in difesa, raccolti in The Federalist, un classico del pensiero politico – del pensiero dei vincitori. Dall’altra gli articoli in opposizione, scritti sparsi e noti sotto il titolo collettivo The Anti-Federalist Papers – il pensiero degli sconfitti. Per gli oppositori, la nuova carta era accentratrice e autoritaria, la negazione della Rivoluzione e dello Spirito del ’76.
Anche dopo che la decisione era stata presa e la nuova costituzione era entrata in vigore, le due parti continuarono a lanciarsi insulti. I Federalisti erano accusati dagli avversari di aver forzato i lavori dell’assemblea costituente di Filadelfia, di aver scritto un nuovo testo laddove avevano solo il mandato di emendare quello vecchio in vigore (la prima costituzione, gli Articoli di confederazione); erano anche sospettati di voler restaurare la monarchia, in effetti di essere agenti stranieri al soldo della monarchia britannica. I jeffersoniani eredi degli Anti-federalisti, a loro volta, erano accusati di essere giacobini sovversivi senza Dio inadatti al governo civile, agenti stranieri al soldo della Francia rivoluzionaria.
Per anni, le due parti, i due partiti, non si riconobbero legittimità reciproca. Agli occhi degli uni, gli altri erano una fazione dedita alla distruzione della repubblica – a seconda dei casi, usando o minando la Costituzione.
Poi, col tempo, vennero le celebrazioni unitarie e la sacralizzazione pubblica della carta, il culto intellettuale e sentimentale d’élite e popolare delle parole che vi erano scritte e di coloro che le avevano scritte (i Padri Fondatori con le tutte le loro maiuscole), il culto fisico del documento e delle sue riproduzioni, la sua trasformazione nella bibbia di una religione civile…
Cioè, in effetti, a pensarci bene, quanto durò tutto questo?
Mica tanto.
Per gli abolizionisti la Costituzione era un patto con il diavolo che garantiva la schiavitù degli africani. Per gli schiavisti meridionali divenne un simbolo di oppressione nazionale da stracciare; e lo stracciarono infatti in una sanguinosa guerra di secessione. Per i Repubblicani vincitori della guerra fu uno strumento riformato (emendato in senso anti-schiavista) da imporre senza condizioni a quella parte del paese che la secessione aveva fatto e fallito… Nel Sud degli Stati Uniti c’è ancora oggi chi ritiene quella imposizione di un secolo e mezzo fa un atto di tirannia, e alcune parti del sacro testo costituzionale – un tradimento.
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