L’ultima volta che c’è stato un anniversario in 8, cioè nel 2008, alla presentazione di un libro sul Sessantotto uno dei relatori (di una certa età, cioè la mia) continuava a dire “vent’anni fa”. Ovviamente no, non era di vent’anni prima che si parlava, ma di quaranta. Checché ne pensasse il relatore e ne pensassimo molti di noi nel pubblico, per i quali il 1968 era ieri. E che forse avevamo dei problemi a fare i conti con l’età, come ce l’hanno tutti i baby boomers, forever young, ma non solo loro. Non oso pensare cosa succederà fra tre anni, quando si arriverà al cinquantenario. Già mi hanno colpito in queste settimane le rievocazioni americane della marcia di Selma di Martin Luther King e dell’assassinio di Malcolm X. Ma come, c’ero anch’io (si fa per dire), ed è passato mezzo secolo tondo tondo.
D’altra parte, dovrei saperlo come funziona la faccenda. Ricordo benissimo come, negli anni Sessanta della mia adolescenza, solo vent’anni prima mi sembrasse un’epoca così lontana. In casa si parlava molto di guerra (i bombardamenti, i tedeschi, la linea gotica) e Resistenza (tutti l’avevano fatta, in un modo o nell’altro, dalle mie parti), di voto alle donne e Costituzione, di 18 aprile e attentato a Togliatti (sì, s’era socialisti e comunisti). Per i miei genitori era un soffio della memoria. Per me era un altro mondo, vecchie immagini, un soundtrack di voci antiche e antiche canzoni. E che dire di cinquant’anni prima? La Grande guerra, il biennio rosso, l’avvento del fascismo. Parole da libro di storia, malgrado i ricordi dei nonni. Preistoria. Roba, oggi posso dirlo, di un secolo fa.
La bisnonna Marietta, che morì negli anni Cinquanta e che ho conosciuto bene anche se ero bambino, era nata quasi un secolo prima, negli anni Sessanta dell’Ottocento. Da contadina analfabeta, la sua cultura politica si era formata e fermata là. Chiamava Garibaldi i politici che le piacevano. Francesco Crispi, invece, aveva lasciato un segno non bello. Tutte le volte che la bisnonna ce l’aveva sù con De Gasperi, e ce l’aveva sù con lui quasi tutti i giorni, imprecava in dialetto contro “Quer Crispi lì”. Allora non mi faceva una particolare impressione, ma oggi sì. Penso che ho fatto in tempo a parlare con una persona che era coetanea dell’Italia unita, l’ho toccata, ho assaggiato le sue mentine alla menta. Quando sono arrivato all’università era l’esame di Storia del Risorgimento.
Ho scritto un manuale di storia contemporanea (degli Stati Uniti). Qui più che in altri libri di storia la scansione temporale della narrazione è importante: per interpretare i cambiamenti, dare un senso agli eventi. Ho immaginato capitoli che coprono ciascuno una ventina d’anni, che per me definiscono periodi omogenei e significativi. Ai lettori più giovani sembrano tempi lunghi, i tempi di una vita, loro che sono nati giusto vent’anni fa. Così sembrava a me, una volta, quando mi dicevano del Ventennio con la maiuscola, un’eternità, un incubo che non finiva più. Ora la mia percezione del tempo è cambiata, e chissà se ciò aiuta nel mestiere. Il mio manuale copre centoquarant’anni. Dei suoi 6 capitoli e mezzo, mi accorgo di averne vissuto gli ultimi tre e mezzo. Qualcuno vuole una mentina?
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- I corpi degli elettori e il body politic repubblicano nell’Ottocento degli Stati Uniti (gallery)
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