Il presidente Lincoln pronuncia il suo secondo discorso inaugurale, East Portico del Campidoglio, 4 marzo 1865. Fotografia di Alexander Gardner. Courtesy Architect of the Capitol. Library of Congress.
Una delle inaugurazioni presidenziali più drammatiche è la seconda di Abraham Lincoln, il 4 marzo 1865. E’ drammatica per quello che sanno i convenuti alla cerimonia e tutti gli americani: la guerra civile dura da quattro anni, miete centinaia di migliaia di vite, si avvia a conclusione ma non è finita; ed è in corso di ratifica il 13° emendamento alla Costituzione che abolisce la schiavitù, mentre 200.000 neri, per metà ex-schiavi, combattono negli eserciti unionisti. Ma è una inaugurazione drammatica anche per quello che sappiamo noi, con il senno di poi, sulla morte imminente di Lincoln e sui sinistri presagi che sono presenti proprio in quel giorno, proprio in quella cerimonia.
Il discorso di Lincoln è breve e intenso, come sono spesso i suoi. E contiene alcune affermazioni notevoli, sorprendenti, sgradevoli per il suo stesso pubblico. C’è il riconoscimento, non banale allora, che la causa del conflitto è la schiavitù e che il suo risultato, non voluto all’inizio, è l’abolizione. C’è la convinzione, ignota alla retorica dei nazionalismi in guerra, che non è affatto detto che Dio sia con noi, e che i suoi disegni sono imperscrutabili. C’è infine il sospetto che il disegno di Dio sia tremendo, che il bagno di sangue sia il prezzo da pagare per l’offesa a lui resa con la “schiavitù americana”. Qui si trova il testo originale, di seguito metto la traduzione dei principali passaggi.
“Un ottavo dell’intera popolazione era fatto di schiavi di colore, non distribuiti in tutta l’Unione, ma localizzati nella sua parte meridionale. Questi schiavi costituivano [per chi li possedeva] un interesse peculiare e potente. Tutti sapevano che questo interesse era in qualche modo la causa della guerra. Rafforzare, perpetuare ed estendere questo interesse era lo scopo per cui i ribelli erano disposti a lacerare l’Unione persino con la guerra, mentre il governo rivendicava nient’altro che il diritto di limitarne l’espansione territoriale.”
“Nessuna delle due parti si aspettava che la guerra avesse le dimensioni o la durata che ha già raggiunto. Nessuna delle due aveva previsto che la causa del conflitto [la schiavitù] potesse cessare di esistere con la fine del conflitto, o addirittura prima. Ciascuna cercava un trionfo più facile, e un risultato meno fondamentale e clamoroso [dell’abolizione].”
“Entrambe le parti leggono la stessa Bibbia e pregano lo stesso Dio, e ciascuna invoca il Suo aiuto contro l’altra. Può sembrare strano che degli uomini osino chiedere l’assistenza di un Dio giusto per continuare a mangiare il pane strappato al sudore del volto di altri uomini, ma non giudichiamo, per non essere giudicati. Le preghiere di entrambe le parti non potevano essere esaudite. Le preghiere di nessuna delle due sono state esaudite pienamente. L’Onnipotente ha i suoi disegni, i suoi scopi.”
“Appassionatamente speriamo, ferventemente preghiamo, che questo terribile flagello della guerra possa finire presto. E tuttavia, se Dio vuole che esso continui finché non vada in rovina tutta la ricchezza accumulata da duecento cinquanta anni di lavoro non retribuito degli schiavi, e finché ogni goccia di sangue versata con la frusta non sia ripagata con un’altra versata dalla spada, come è stato detto tremila anni fa, così ancora oggi si dica, ‘i giudizi dell’Eterno sono verità, tutti quanti sono giusti’.”
Ad ascoltare davanti al Campidoglio c’è una gran folla. C’è anche Frederick Douglass, l’abolizionista nero che, invitato al ricevimento alla Casa bianca (ma due poliziotti non vorrebbero farlo entrare), dice al presidente: “Mr. Lincoln, that was a sacred effort”. C’è Walt Whitman, inviato del New York Times, che descrive un Lincoln “esausto, stanco; le rughe delle vaste responsabilità, intricate questioni, e urgenti decisioni di vita e di morte, scavate più profonde che mai sul suo viso bruno”. Sinistramente, a osservare dall’alto come un avvoltoio la sua futura vittima, c’è l’attore John Wilkes Booth. Poco più di un mese dopo, il 15 aprile 1865, Booth assassinerà Lincoln.
La stessa fotografia con, in evidenza, Lincoln e un uomo che è, molto probabilmente, il suo futuro assassino. Courtesy Wikipedia Commons.
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