Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Midterms: con il voto anticipato, Election Day non c’è più

early-voting

Dopo quasi due secoli di onorato servizio, dacché è stato introdotto con una legge del Congresso del 1845, Election Day come unico giorno in cui gli americani, tutti insieme, scelgono chi li governa – non esiste più. Con l’adozione legale e il successo popolare del voto anticipato (early voting), del voto per posta (mail-in voting), del voto in assenza (absentee voting) che è diventato voto in assenza senza necessità di giustificazioni (“no-excuse” permanent absentee voting), nella stragrande maggioranza degli stati il giorno delle elezioni è diventato solo una deadline. Entro quella data va consegnata la scheda, se si vuole che la scheda conti e sia contata, sia scrutinata insieme alle altre alla chiusura dei seggi. Ma la consegna può avvenire anche prima, una settimana o due prima, anche un mese prima, dipende dagli stati, e può essere fatta da lontano.

Sono moltissimi i cittadini americani che votano così. Secondo la U.S. Election Assistance Commission, nelle elezioni presidenziali del 2016 sono stati più di 57 milioni, il 40,8% degli elettori effettivi, i due quinti del totale. In almeno 16 stati concentrati nel Sud, nel Sudovest e nella West Coast ciò ha riguardato più del 50% dei voti espressi. In tre di questi 16 stati (Oregon, Washington e Colorado) la percentuale è praticamente del 100%, perché lì il voto per posta è l’unico possibile. Le percentuali sono state in rapida crescita soprattutto dopo il giro del nuovo secolo: erano il 20,5% nel 2004 e appena il 7% nel 1992.

Gli stessi trend e le stesse dimensioni del fenomeno sono evidenti nelle elezioni di medio termine, che sono quelle rilevanti quest’anno: le percentuali di voti anticipati, in assenza e per posta sono salite dal 21,3% del 2006 al 40,2% del 2014 (vedi grafica qui sotto). E quest’anno si prevede una ulteriore, forse clamorosa crescita. In un post sulla sua pagina Facebook, Martino Mazzonis ha calcolato che in parecchi stati in cui sono in corso sfide elettorali decisive (per esempio in Texas, Florida, Georgia) il numero dei voti espressi ad oggi ha già quasi raggiunto quello del totale dei voti espressi nelle elezioni precedenti dello stesso tipo, nel 2014.

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Percent Voting Absentee, By Mail, or Early, 2004-16. Source: U.S. Election Assistance Commission, Election Administration and Voting Survey (EAVS).

Con questi sistemi di voto i cittadini preparano la scheda quando vogliono, mentre la campagna elettorale è ancora in corso. Possono farlo dove vogliono, da soli o in compagnia di famigliari, amici, compagni di lavoro, compagni di fede politica o religiosa, facendo rispettare la segretezza del proprio voto oppure no. Possono poi depositare la scheda votata presso gli uffici municipali o di contea, presso speciali centri di raccolta, o in una buca delle lettere che nell’occasione sostituisce il ballot box – o ne prende le sembianze. Insomma, non c’è più Election Day, ci sono piuttosto Election Week o Election Month.

E ciò ha importanti implicazioni sia simboliche che pratico-politiche.

Dal punto di vista simbolico, con il voto anticipato e diluito nel tempo scompare il giorno cerimoniale in cui i cittadini attivi si riuniscono solennemente, ordinatamente e simultaneamente in una metaforica assemblea per formare il corpo politico della repubblica – e per mettere in scena il privilegio di esercitare la sovranità. Con l’invio della scheda elettorale per posta, dopo che sia stata votata negli spazi privati di ciascuno, famigliari o quant’altro, perde di importanza anche il seggio elettorale (il “tempio” della democrazia americana, come diceva un secolo fa il giudice David Brewer): uno spazio pubblico designato dall’autorità pubblica dove i cittadini esercitano il loro diritto in segreto, protetti dallo stato, lontano da occhi o pressioni indiscrete.

In entrambi i casi, dicono alcuni, si sta pendendo il senso delle elezioni come un’impresa civica collettiva, vissuta e condivisa in contatto fisico diretto con vicini, conoscenti, estranei di status sociali e opinioni politiche diverse, in fila e in attesa di fronte a un seggio – con il sigillo ufficiale, alla fine della fila, di funzionari pubblici in carne e ossa. Certo, dicono altri con un sospiro di sollievo, così si elimina anche la perdita di tempo in noiose lunghe attese accanto a perfetti sconosciuti. E più seriamente: i tempi più dilatati a disposizione possono favorire una maggiore partecipazione, un più agile superamento degli ostacoli burocratici all’esercizio del diritto di voto, che in molti stati possono essere fastidiosi quando non vessatori (con tentativi di voter suppression).

Poi ci sono le implicazioni politiche immediate che queste novità possono avere per elettori, partiti e candidati.

Se nelle settimane finali di campagna elettorale decine di milioni di cittadini hanno già votato, contano di meno gli sviluppi dell’ultimo momento, le October surprises che possono alterare le percezioni politiche degli elettori e quindi le loro espressioni di voto – ma non, com’è ovvio, quelle di chi già votato. Succede così che la giuria emetta il verdetto prima che il processo si sia concluso; che rimonte o cadute tardive dei candidati siano più difficili perché avvengono a giochi fatti per metà. D’altra parte, a questo punto i partiti e i candidati hanno a disposizione un gran quantità di voti espressi, di cui non sanno la distribuzione partisan; possono tuttavia cercare di individuarla. Fra chi ha votato conducono degli exit polls, studiano la demografia o l’appartenenza di partito, laddove ciò sia noto perché richiesto per partecipare alle primarie. Sulla base di questi dati aggiustano le ultime strategie di mobilitazione.

Secondo alcuni osservatori, early voting e mail-in voting e permanent absentee voting non sono una bella cosa perché distorcono il regolare processo elettorale. Se poi c’è il sospetto che tali pratiche favoriscano un partito rispetto a un altro, allora la controversia diventa inevitabile anche se un po’ inutile, perché il fenomeno sembra inarrestabile. Comunque, in genere i repubblicani ritengono di esserne penalizzati, e cercano di frenarne la portata negli stati in cui hanno il potere di farlo. I democratici, al contrario, le valorizzano. Non sorprende quindi che, in questo finale di partita 2018, siano loro i più attivi nello stimolarle e indirizzarle.

Categorie:Electoral process, Elezioni

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