Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Storia infida! I libri di testo e la storia americana (1996)

Public History Wordle[Queste sono le prime pagine di un saggio del 1996, dal titolo “Il passato in pubblico: un dibattito sull’insegnamento della storia nazionale negli Stati Uniti”. L’intero saggio, pubblicato sulla rivista “Storica”, è disponibile in pdf qui.]

Nel 1979, nell’introduzione a America Revised, un’estesa inchiesta sui manuali di storia degli Stati Uniti in uso nelle scuole americane, la giornalista Frances Fitzgerald faceva alcune considerazioni sui cambiamenti intervenuti nei trent’anni precedenti.

«Quelli di noi che sono cresciuti negli anni cinquanta credevano nella permanenza dei nostri manuali di storia americana», scriveva Fitzgerald. «Per noi bambini, quei testi erano l’essenza della verità: erano la storia americana. Erano essi, ben più di altri libri, a possedere l’aura e l’apparenza dell’autorità. Erano tomi voluminosi. Parlavano con misurate cadenze: imperturbabili, seri, distanti come imperatori cinesi. I nostri insegnanti li trattavano con rispetto, e noi mostravamo tutto il nostro umile ossequio imparandone a memoria un capitolo la settimana».

«Ora», continuava Fitzgerald, «le storie manualistiche sono cambiate, e alcune così profondamente che un adulto le troverebbe irriconoscibili». Nelle storie di allora «l’America era perfetta: la più grande nazione del mondo, e l’incarnazione della democrazia, della libertà e del progresso tecnologico». Le storie degli anni settanta, al contrario, cominciavano ad «accennare a un certo livello di spiacevolezza» nelle vicende nazionali. Inoltre, queste storie continuavano a cambiare, erano in continuo mutamento, con un ritmo sempre più veloce.

«Storia infida! Il contenuto dei libri di storia americana per i nostri figli cambia sensibilmente non ogni generazione bensì ogni pochi anni. Per tenere il passo con i cicli di adozione nei distretti scolastici, gli editori revisionano i vecchi testi o ne producono di nuovi ogni tre o quattro anni. I libri di storia per la scuola sono così più legati alla contemporaneità di qualunque altra forma di storia. Potrebbe essere altrimenti? Forse che gli studenti dovrebbero leggere storie scritte dieci, quindici, trenta anni fa? In teoria il sistema è ragionevole, tranne che per una cosa: ciascuna generazione di studenti legge solo i libri di testo della propria generazione. Quella storia provvisoria diventa la loro storia per sempre – la loro particolare versione dell’America».

Queste pagine sono state più volte ricordate nel dibattito pubblico nazionale che, dalla fine del 1994, si è acceso negli Stati Uniti intorno all’insegnamento della storia americana nei sistemi scolastici del paese. Qualcuno le ha usate per spiegare la vivace e talvolta violenta reazione della quasi totalità del ceto politico alle proposte contenute nel testo che si è trovato al centro di questo dibattito, i National Standards for United States History: non un manuale, come si vedrà, ma comunque una guida a ciò che, secondo le proposte di un autorevole istituto specializzato, dovrebbe essere inserito nei curricula delle scuole medie e medio-superiori affinché gli studenti acquisiscano una conoscenza problematica e, si dice, storiograficamente aggiornata della storia del paese.

Molti critici dei National Standards avrebbero dunque subìto una sorta di shock culturale, con crisi di rigetto; formatisi sui libri di testo di una fanciullezza e adolescenza pre-anni sessanta, sarebbero incapaci di accettare e persino, appunto, di riconoscere una storia ben diversa da quella da loro assimilata come l’unica storia possibile. Mi sembra un’interpretazione, a dir poco, generosa. Le ragioni della disputa vanno al di là di, pur comprensibili, salti generazionali. Sono ragioni più radicali; investono i paradigmi interpretativi dell’esperienza storica, il significato della storia nazionale, l’identità nazionale, e infine la politica.

«Una volta», hanno scritto Joyce Appleby, Lynn Hunt e Margaret Jacob, riassumendo il punto di vista di una parte significativa della professione storica, «c’era una unica narrazione della storia nazionale che la maggioranza degli americani accettava come parte del proprio patrimonio culturale. Ora c’è un accento sempre maggiore sulla diversità delle esperienze etniche, razziali e di genere e un profondo scetticismo sul fatto che la narrazione delle gesta dell’America sia qualcosa di più di una forma di autocelebrazione che maschera il potere delle élites. La storia è stata sconvolta fino alle sue fondamenta scientifiche e culturali proprio nel momento in cui quelle stesse fondamenta sono messe in discussione».

Credo che la controversia sui National Standards, che, a loro modo, hanno cercato di introdurre questi punti di vista nell’insegnamento scolastico, sia un’occasione interessante per gettare luce su alcune di queste questioni.

Categorie:insegnare, storiografia

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