Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Professori, presidenti e guerra: che cos’è la Costituzione, fra amici?

U.S.-ConstitutionNel dicembre del 2007, un professore di diritto costituzionale che aveva da poco lasciato l’insegnamento alla University of Chicago, aveva espresso alcune opinioni molto nette, in una intervista al Boston Globe. Aveva detto: “Il Presidente non ha, secondo la Costituzione, il potere di autorizzare un attacco militare se non in risposta a una minaccia concreta o imminente alla nazione. Come Comandante-in-capo, il Presidente ha il dovere di proteggere e difendere gli Stati Uniti. In casi di autodifesa, il Presidente avrebbe l’autorità costituzionale di agire prima di avvertire il Congresso o di cercarne il consenso. Comunque, la storia ci ha mostrato più volte che l’azione militare ha molto più successo quando è autorizzata e sostenuta dal potere legislativo. E’ sempre preferibile avere il consenso informato del Congresso prima di intraprendere una qualsiasi azione militare”.

Quell’ex-professore sapeva ovviamente il fatto suo. L’articolo I della Costituzione riserva l’autorità di dichiarare guerra al potere legislativo, non all’esecutivo. Siccome il termine “guerra” si presta a troppe interpretazioni, dopo l’esperienza del Vietnam (una guerra mai dichiarata), la War Powers Resolution del 1973 ha cercato di chiarire le cose. La risoluzione, approvata da Camera e Senato contro il veto del Presidente Nixon, stabilisce che il Presidente può impiegare le forze armate in atti di “ostilità” solo con l’autorizzazione preventiva del Congresso; senza autorizzazione, può farlo solo in casi eccezionali: “una emergenza nazionale creata da un attacco agli Stati Uniti […] o alle sue forze armate”. In quest’ultima eventualità (quella di autodifesa e di minaccia concreta o imminente alla nazione citata dall’ex-professore) il Presidente deve comunque comunicare l’inizio dell’azione militare al Congresso entro 48 ore, e averne l’autorizzazione a posteriori per poter continuare l’uso della forza oltre il termine di 60-90 giorni.

Ora, il problema è che quell’ex-professore universitario di diritto costituzionale, alla fine del 2007, stava lanciando la sua campagna alle primarie democratiche per la nomination a candidato presidenziale. E che la campagna ebbe successo. E che il candidato democratico vinse le successive elezioni del 2008. E che divenne il Presidente, Barack Obama. Come spesso accade ai professori che entrano in politica e acquistano poteri e responsabilità istituzionali – be’, come dire, siamo comunque gente di mondo: la teoria è una cosa, la pratica un’altra. Sembra che Obama non abbia molte intenzioni di chiedere l’autorizzazione preventiva al Congresso per la possibile azione militare in Siria, che chiaramente non risponde a un attacco o a una minaccia imminente agli Stati Uniti (Assad massacra i suoi concittadini, non gli americani). In ciò segue parecchi esempi precedenti. Da ultimo, l’esempio di se stesso, con l’intervento in Libia del 2011, o di Bill Clinton, con l’intervento in Kossovo del 1999.

E’ curioso che a sollevare la questione siano non solo i critici liberal, come David Cole sulla New York Review of Books, ma anche esponenti repubblicani – in genere più propensi ad attaccare il Presidente come debole, passivo, tentennante, tutt’altro che un guerriero. Lo Speaker repubblicano della Camera, John Boehner, gli ha scritto: “Chiedo rispettosamente che lei, in quanto comandante-in-capo del paese, presenti personalmente al popolo americano e al Congresso le sue ragioni: in che modo la possibile azione militare garantirà gli interessi di sicurezza nazionale americani, salvaguarderà la credibilità dell’America, scoraggerà l’uso futuro di armi chimiche e, soprattutto, rientrerà in una nostra più generale strategia politica. Inoltre, è essenziale che lei discuta su quali basi l’uso della forza sarebbe legalmente giustificato e come questa giustificazione sia in accordo con l’autorità esclusiva del Congresso in materia, secondo l’Articolo I della Costituzione”. Il linguaggio è piuttosto perentorio. Ma Obama può fare affidamento sul fatto che nessun presidente è mai stato davvero punito per aver proceduto, comunque, di testa sua.

Categorie:Barack Obama, costituzione, Guerra

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