Questo è in effetti un blurb – ma molto veritiero – per Raffaella Baritono, Eleanor Roosevelt. Una biografia politica, Il Mulino 2021.
Mettiamola così: E’ una storica del pensiero liberal-progressista americano, è una storica delle istituzioni politiche, è una storica delle donne e dei femminismi, è una storica della presidenza e delle First Ladies – questo libro su Eleanor Roosevelt, la prima First Lady che faccia la First Lady come la conosciamo oggi, consente a Raffaella Baritono di esercitare in pieno (e con nostra soddisfazione di lettori) tutte le sue competenze, l’intreccio delle sue competenze – e tutta la sua finezza interpretativa.
E’ un libro corposo ma poi neanche tanto, se si pensa a quanto siano corpose (e in molti volumi) le biografie di Eleanor in inglese. Baritono ci tiene a dire anche nel sottotitolo che si tratta di una “biografia politica” – una definizione che forse vorrebbe limitare il campo della ricerca e del racconto – ma in realtà no, non ci riesce, perché vista con gli occhi giusti (e Raffaella ha gli occhi giusti) tutta la vita di Eleanor è una vita politica.
Dacché nasce nel grembo della “Old New York” di discendenza olandese e deve fare i conti con lo zio Theodore Roosevelt – attraverso la maturità che culmina negli anni straordinari alla Casa bianca (dove insieme a Franklin inventano la presidenza moderna) – e fino agli affari internazionali del dopoguerra e della Guerra fredda – il mondo dell’alta politica è il suo mondo ed è la sua vita.
Ma non solo. Nel frattempo incontra i movimenti sociali, sindacali, delle donne, per i diritti civili degli afro-americani, pacifisti, discute di diritti e discriminazioni e razzismi interni e internazionali – e anche questa è la sua vita. Eleanor fa tutte queste cose con indipendenza di carattere – cercando di rispettare ma allo stesso tempo di forzare i confini dei suoi ruoli istituzionali e di genere.
E questa è la cosa affascinante della vita di Eleanor e del racconto di Raffaella.
Raffaella ricorda come uno statista eminente, Adlai Stevenson, abbia detto, più o meno: se la democrazia americana avesse dei santi, Eleanor Roosevelt sarebbe la prima a essere canonizzata. Bella cosa, anche se questo linguaggio mostra tutto il paternalismo del tempo o forse di sempre.
Per fortuna Eleanor non è stata una santa, è stata, in molti modi, un “cattiva ragazza” – e quindi è andata in luoghi in cui altre nella sua posizione stentavano ad andare. Per fortuna sua, per fortuna nostra, e certo per fortuna di questo libro.
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