Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

La comune rovina delle parti in lotta? O una trasformazione di tutta la società? (Appunti, parafrasando il vecchio Manifesto)

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Il fenomeno Donald Trump e il partito repubblicano etnonazionalista e “trumpizzato” (o così si dice, almeno finché dura Trump) possono indicare una direzione di marcia o essere solo lo spasmo finale, un episodio estremo, di un mondo che sta morendo e non vuol morire. D’altra parte quasi le stesse cose si possono dire del fenomeno Barack Obama che l’ha preceduto, e del suo partito democratico in evoluzione: episodio anomalo e un po’ casuale, ovvero anticipatore di tempi a venire.

O magari sono entrambi, Trump e Obama, le due facce cristallizzate della stessa medaglia? Della stessa frattura rissosa e potenzialmente violenta destinata a durare nel prevedibile futuro, chiunque vinca queste elezioni, e a concludersi, per parafrasare una celebre frase di Marx e Engels, con la comune rovina delle parti in lotta? Oppure invece no? E ci sono i segni, mantenendo la parafrasi marx-engelsiana, di una possibile trasformazione di tutta la società, segni che spingono a una scommessa anche su articolazioni politiche meno letali e chissà, su un nuovo regime politico-sociale?

Qualche segno c’è.  

Le immigrazioni di massa degli ultimi decenni hanno prodotto non solo conflitti e reazioni isteriche ma anche un’America più diversa e più a suo agio con le proprie diversità. I cambiamenti demografici hanno rivitalizzato molti movimenti sociali, in particolare l’attivismo sindacale. E hanno consentito la crescita della coalizione elettorale democratica, che è già maggioranza numerica nel paese. Il partito democratico sta cercando un nuovo baricentro su questioni come il razzismo, la sanità pubblica, il salario minimo e la stessa immigrazione, animato proprio dalle vecchie constituencies bianche e nere e da quelle nuove non eurobianche. 

Il partito repubblicano ha seri problemi strategici. Sta diventando un partito di minoranza che controlla il potere politico grazie a istituzioni antimaggioritarie come il Senato, il collegio elettorale presidenziale, il gerrymandering negli Stati, un vantaggio che non può essere per sempre. E rischia di diventare il partito dei bianchi in una società sempre più multirazziale. Timide voci interne cominciano a mostrare incrinature, suggeriscono di raccogliere la sfida che emerge nelle comunità immigrate e di colore, tutt’altro che omogenee, di fare appello alle loro istanze conservatrici. Insomma, di rompere la bolla.

Tutto ciò può essere favorito da un fattore che, per il momento, è difficile da definire con precisione, tanto più da quantificare. 

La rapida diversificazione etnico-razziale del paese può mettere in discussione un pilastro cruciale del conservatorismo interclassista e popolare, e cioè il razzismo, l’idea (anche inconscia) di supremazia bianca, l’eredità materiale e culturale della schiavitù nella lunga storia nazionale. L’arrivo di residenti, cittadini, lavoratori immigrati che si sono formati in altri ambienti storici, che hanno meno interesse al mantenimento della white supremacy, o che non ne hanno affatto in quanto sono essi stessi persone di colore, può diluirne la forza ispiratrice, ammorbidirne gli effetti, emarginarne i portavoce più duri. 

Una solida maggioranza di americani, almeno nei sondaggi, valuta positivamente sviluppi di questo tipo, ritiene per esempio che la recente immigrazione sia cosa buona per l’America, che la rafforzi (l’esatto opposto di trent’anni fa). La partecipazione mista alle manifestazioni di Black Lives Matter contro le brutalità della polizia, ma soprattutto le più ampie simpatie pubbliche con cui se ne sono comprese le ragioni, sembrano confermarlo. In prospettiva questi cambiamenti possono rendere più fluida e porosa la color line sia reale che psicologica, e rendere meno rigida la dislocazione dei partiti lungo di essa.

Si tratta di possibilità – e di opportunità politiche che possono essere colte e coltivate, oppure no.

Categorie:Elezioni, partiti

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