Periodicamente Jeremy Corbyn e Bernie Sanders saltano fuori come esempi da emulare da parte della sinistra più radicale, in vari contesti italiani ed europei. Periodicamente vale la pena ricordare un dato strutturale, non ideologico, che li riguarda. I due saranno anche wild radicals (si fa per dire) ma hanno una caratteristica comune che deriva in parte dai sistemi elettorali dei loro paesi e che ne fa degli strani animali anglo-americani.
Sanders è deputato e poi senatore del Vermont dal 1991, Corbyn è deputato di Islington North dal 1983. Entrambi sono eletti in collegi uninominali, dove il primo che arriva prende il posto, gli altri niente. Per essere eletti entrambi hanno dovuto costruirsi in loco delle macchine elettorali e delle coalizioni popolari maggioritarie (cioè ampie e diversificate), curarle, tenerle su per decenni. Entrambi hanno fatto affidamento, uno, il britannico, sulla lunga e fedele militanza in un grande partito (il Labour), e l’altro, l’americano indipendente, sulla benevola desistenza locale e sulla generosa accoglienza nazionale di un partito altrettanto grande (i Democratici).
Insomma Corbyn e Sanders sono politici di professione di lungo corso, dei pro alla George Washington Plunkitt (si fa per dire), con personali radici nel territorio del loro collegio, e quindi anche, per forza di cose, politici a vocazione maggioritaria. Inoltre esistono in quanto fanno parte di, o si appoggiano a, grandi partiti a vocazione maggioritaria. Altrimenti non sarebbero lì a fare i leader nazionali, per il momento perdenti ma pieni di speranza – sarebbero a casa (con il loro gatti, che sembrano e forse sono lo stesso gatto).
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