Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Halloween, breaking news, fake news: la “Guerra dei mondi” radiofonica di Orson Welles e la sua memoria

960x540Domenica 30 ottobre 1938, vigilia di Halloween, il giovanissimo Orson Welles manda in onda, sulle onde radio della CBS, un episodio della serie The Mercury Theatre on the Air.

La storia è nota, se non altro per sentito dire. Si tratta della lettura di un classico della fantascienza horror, La guerra dei mondi di H.G. Wells. Il romanzo parla dell’invasione della terra da parte di alieni ostili e spietati, cattivissimi (visto il film di Steven Spielberg? O quello del 1953?). Nell’adattamento radiofonico l’invasione viene raccontata come un evento che sta accadendo sul momento, con breaking news del tipo di quelle dei giornali radio. Non c’è l’intenzione di fare uno scherzo, il dramma è presentato per quello che è all’inizio, nel mezzo e alla fine dello show (l’intera registrazione è qui, ne vale ancora la pena, e qui c’è lo script). Alla fine Orson, nella parte di se stesso, dice chiaramente che si tratta di un dono per la festa dell’indomani, dell’equivalente di mettersi un lenzuolo in testa e saltare fuori da un cespuglio gridando “bu!” – perché “It’s Halloween”.

Tuttavia, conclude la storia, molti ascoltatori credono che si tratti di fatti reali e vanno nel panico, un panico di massa.

Ma fu vero panico? Sembra proprio di no.

Gli ascoltatori anche casuali sono pochi, pochissimi. Fra l’altro, quella sera molte stazioni locali affiliate al network CBS hanno scelto una programmazione diversa, locale appunto. Il programma ha uno share del 2%, tutti sono sintonizzati su un’altra stazione che trasmette un seguitissimo varietà. Qualcuno forse fa surfing durante gli intervalli musicali, e capita sulla Guerra dei mondi in corso d’opera senza rendersi ben conto, ma non si sa quanti. Comunque delle voci su centralini della polizia intasati di telefonate, folle terrorizzate nelle strade, aeroporti chiusi, incidenti stradali, attacchi isterici, suicidi o tentativi di suicidio, non c’è traccia significativa nella realtà.

Tutto lascia credere che quella domenica sera fosse una delle solite domeniche sera. E allora?

La cosa straordinaria accadde lunedì mattina.

c_La mattina del 31 ottobre i quotidiani hanno cronache trepidanti. I tabloids vivaci come il New York Daily News sparano prime pagine urlanti. Il più noioso New York Times concede comunque uno dei titoli d’apertura. Il Boston Globe va al sodo a caratteri di scatola: “Radio Play Terrifies Nation” (nel frattempo, nel giusto mood, verrebbe da dire, l’intera nazione si prepara a Halloween, subito sotto). Così è il tono. Ci sono casi in cui è dimostrato che i cronisti sanno bene quello che fanno, cioè arrivano in redazione attraversando città tranquille e poi producono notizie sovreccitate. Gonfiano il poco, quasi niente che hanno a disposizione fino a dimensioni sensazionalistiche. Letteralmente creano l’immagine del panico. E anche la sua memoria.

Perché poi fu questa la narrazione mitica che si consolidò nel senso comune, anche di molti contemporanei che scoprirono solo a posteriori di aver avuto paura, forse per partecipare in maniera simbolica a un fenomeno culturale pop, per godere di celebrità vicaria. E chissà se persino Welles finì per essere vittima di questa allucinazione collettiva. In una conversazione con Peter Bogdanovic pubblicata nel 1992 ricordò: “Le case si vuotarono, le chiese si riempirono; da Nashville a Minneapolis c’erano gemiti nelle strade e uno stracciar di vesti”. Nel suo caso si trattò più probabilmente di un ego trip da capocomico.

Questa narrazione mitica è sopravvissuta fino a oggi.

Le ragioni della sua permanenza sono complesse e hanno a che fare, più che con la guerra dei mondi e la paura degli alieni, con la guerra dei media e la paura dei nuovi media.

Innanzitutto i quotidiani del 1938 creano l’evento e ne fanno uno scandalo in un contesto in cui hanno tutto l’interesse a mostrarsi scandalizzati. Il punto focale delle loro storie non è tanto il panico popolare quanto il soggetto che l’ha provocato, cioè la radio. Durante la grande depressione la radio sta rubando risorse pubblicitarie alla carta stampata, e quest’ultima coglie l’occasione per screditarla. In particolare, per screditarla come fornitrice di informazioni affidabili. Non è pronta, si dice, non è seria, è troppo esposta alla comunicazione autoritaria e manipolatoria ovvero a confondere le news con l’intrattenimento e la pubblicità. Il pubblico dovrebbe ricordarselo.

“Terror by Radio” è l’editoriale del New York Times

Il paradosso, naturalmente, è che per difendere le notizie vere, accurate, affidabili, dai nuovi media elettronici – i print media finirono loro stessi per produrre fake news.

D’altra parte, i media elettronici hanno tutto l’interesse a costruire e mantenere la credenza del loro potere, della loro presa sul pubblico. Devono convincerne gli inserzionisti e i pubblicitari, negli anni trenta come oggi: è una questione di vita o di morte. Coltivare la memoria della reazione popolare allo show di Orson Welles, e andarne orgogliosi, serve anche a questo. La CBS ne celebra regolarmente gli anniversari più importanti, e vedremo che cosa farà l’anno prossimo, quando cadrà l’ottantesimo tondo tondo. La notte in cui tremò l’America, come dice il titolo di un suo docudrama rievocativo, è parte del suo curriculum, di più, del suo mito fondativo.

E infine ci siamo noi.

Il racconto del panico popolare di allora permane perché è adatto a illustrare i sospetti ricorrenti nei confronti dei nuovi media, della loro capacità di influenzare la vita quotidiana, di colonizzare le coscienze, di agire, si sarebbe detto negli anni cinquanta, da sinistri persuasori occulti. Come suggerisce Jeffrey Sconce in un bel libro che ho qui saccheggiato, Haunted Media: Electronic Presence from Telegraphy to Television (2000), la rievocazione di quel panico mette in scena il timore non dei marziani (vabbe’) bensì di altri invasori, di altri mostri horror, i tentacolari conglomerati mediatici. Magari non più la radio, piuttosto la televisione e poi i giganti di Internet.

Questa storia, insomma, è rimasta nota perché in qualche modo ammonisce ed esorcizza. Un po’ come Halloween.

WarofWorlds

Categorie:cultura di massa, mass media

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