Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Frantz Fanon, Pelle nera, maschere bianche (1952)

innerisness1Jean-Paul Sartre, in Riflessioni sulla questione ebraica, scrive: «[gli ebrei] si sono lasciati avvelenare da una determinata rappresentazione che gli altri hanno di loro e vivono nel timore che i loro atti vi si conformino. Perciò potremmo dire che la loro condotta è perpetuamente sovradeterminata dall’interno».

Tuttavia l’ebreo può essere ignorato nella sua ebraicità. Egli non è integralmente ciò che è. In ultima analisi sono i suoi atti, il suo comportamento, ad essere decisivi. E’ un bianco e, tranne alcuni tratti abbastanza discutibili, gli capita di passare inosservato. […] L’ebreo non è amato dal momento in cui è scoperto. Ma con me tutto prende un volto nuovo. Non ho nessuna chance. Sono sovradeterminato dall’esterno. Non sono schiavo dell’«idea» che gli altri hanno di me, ma della mia apparenza.

Arrivo lentamente nel mondo, abituato a non pretendere più un’entrata trionfale. Mi faccio strada strisciando. Già gli sguardi bianchi, gli unici che siano veri, mi dissezionano. Sono fissato. Dopo aver aggiustato il loro microtomo, realizzano oggettivamente degli squarci della mia realtà. Sento, vedo in questi sguardi bianchi che non è un nuovo uomo che sta facendo il suo ingresso, ma un nuovo tipo di uomo, un nuovo genere. Un negro, insomma.

Mi insinuo negli angoli, incontrando con le mie lunghe antenne gli assiomi sparsi alla superficie delle cose – il bucato del negro sa di negro – i denti del negro sono bianchi – i piedi del negro sono grandi – il petto largo del negro – mi insinuo negli angoli. Resto silenzioso, aspiro all’anonimato, all’oblio. Accetto tutto purché non mi si scorga più.

– Toh, vieni che ti presento al mio compagno nero… Aimé Césaire, uomo nero, docente universitario… Marian Anderson, la più grande cantante nera… Il dottor Cobb, lo scopritore dei globuli bianchi, è un negro… Toh, vieni a salutare il mio amico martinicano (fai attenzione, è molto suscettibile)…

Vergogna. Vergogna e disprezzo di me stesso. La nausea. Quando mi si ama mi si dice che è nonostante il mio colore. Quando mi si detesta, si aggiunge che non è a causa del mio colore… Da una parte o dall’altra, sono prigioniero del circolo infernale.

Mi allontano da questi scrutatori antidiluviani e mi aggrappo ai miei fratelli, negri come me. Orrore, mi rifiutano. Loro sono quasi bianchi. E poi stanno per sposare una bianca. Avranno dei figli appena scuri… Chi sa, poco a poco, forse…

Avevo sognato.

– Vede signore, sono uno dei più negrofili di Lione.

L’evidenza era lì, implacabile. La mia nerezza era lì, densa e indiscutibile. Mi tormentava, mi perseguitava, mi inquietava, mi esasperava.

4425Questa è una pagina (pp. 114-115) tratta dalla nuova edizione italiana di Frantz Fanon, Pelle nera, maschere bianche, Ets, Pisa, 2015 (Collana di Studi culturali), traduzione di Silvia Chiletti, introduzione di Vinzia Fiorino. Il volume comprende la prefazione del 1952 e la postfazione del 1965 di Francis Jeanson alle edizioni francesi. L’edizione originale francese è Peau noire, masques blancs, Editions de Seuil, Paris, 1952; il testo completo in pdf è consultabile qui. Per chi fosse interessato, una pagina da Fanon, I dannati della terra (1961) è invece qui.

Categorie:Radicalism

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