Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

E’ il sogno americano, stupido!

the_american_dream_is_over_001Gli americani pensano che domani sarà peggio di ieri e che le istituzioni non siano in grado di cambiare le cose. E’ una delle ricorrenti crisi del sogno americano o la sua fine? Di certo se prevale l’idea del ognun per conto proprio, il terreno ideologico vincente è quello repubblicano.

E’ l’economia la principale preoccupazione che, alle midterm elections di una settimana fa, era nella testa degli elettori americani (per quasi la metà di loro, il 45%). Una economia che, secondo una larga maggioranza (intorno al 70%) non va bene oggi, va peggio di ieri, e neanche andrà bene negli anni a venire. E ciò ha motivato il loro voto a favore dei repubblicani. Gli sviluppi più recenti e positivi, che segnalano una ripresa piuttosto stabile e una diminuzione della disoccupazione sotto al 6%, sembrano aver influenzato il giudizio di una quota limitata dell’elettorato, poco meno di un terzo. E sono questi happy few ad aver votato democratico. E ad aver perso le elezioni.  

Questa sintesi, basata su una rapida lettura degli exit polls nazionali forniti ai grandi network televisivi e alla Associated Press da Edison Research, è un po’ tagliata con l’accetta. E tuttavia fornisce una quadro orientativo che combacia piuttosto bene con alcune valutazioni sulla politica economica dell’amministrazione Obama. Una politica che ha fatto uscire il paese dalla Grande recessione ma non ne ha toccato il carattere dinamico e strutturale. La recessione ha provocato una accelerazione verso un’economia di bassi salari e di lavori precari che, è facile capirlo, non suscita entusiasmo in gran parte della popolazione, tanto meno speranze per il futuro.  

Le speranze nel futuro sono il vero punto dolente. Il dato più impressionante che emerge dagli exit polls è proprio questo. Guardando avanti, solo il 22% degli elettori è ottimista, pensa che la vita della prossima generazione di americani sarà migliore della loro. Per il 27% sarà la stessa. Ma per un solido 48% sarà peggiore – attenzione, sarà peggiore della loro vita oggi, che già non è rose e fiori. La percentuale è la più alta dacché si è cominciato a porre questa domanda, cioè dal 1996. Bene, gli ottimisti hanno votato al 70% democratico. Ma quella metà di americani che vede nero sul lungo periodo ha votato al 70% repubblicano.

E’ la fine del sogno americano della mobilità sociale, soprattutto di quella inter-generazionale, la più realistica? O almeno è una delle sue periodiche crisi in tempi di radicali mutamenti del sistema economico come, per esempio, negli anni settanta del Novecento? Difficile da dire, così su due piedi. E’ chiaro che oggi questa sensazione è diffusa e persuasiva. E ad essa si reagisce facendo appello – be’, ad un’altro aspetto storico del sogno americano stesso, al suo aspetto anti-statalista, alla sfiducia nei confronti delle istituzioni di governo, all’affidamento alla società civile e al mercato. E qui siamo in territorio ideologico repubblicano.

Per alcuni versi l’ideologia ha potuto più del giudizio politico specifico e concreto, nel comportamento degli elettori. Infatti, in maggioranza (dal 55% al 60%), essi esprimono giudizi e sentimenti egualmente negativi nei confronti del partito repubblicano come del partito democratico, dell’amministrazione Obama come della leadership repubblicana in Congresso. Ma a motivare il voto c’è probabilmente un’altra spinta. Sempre a maggioranza (54%), gli elettori pensano che “il governo federale fa troppe cose che sarebbe neglio lasciare all’iniziativa privata (business) e agli individui”. Di costoro, i tre quarti hanno votato repubblicano. Ronald Reagan, da lassù, guarda e approva.

(Pubblicato l’11 novembre 2014 sul sito web di pagina99.)

Categorie:Cultura politica, Elezioni

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