Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Ma quale dream ticket?

Do these two look like Democratic running mates or a couple beginning therapy? (Los Angeles Times, May 7, 2008)

Do these two look like Democratic running mates or a couple beginning therapy? (Los Angeles Times, May 7, 2008)

firenze.repubblica.it 4 dicembre 2012

Bersani-Renzi e il dream ticket di cui si parla a sproposito

Ma quale ticket? Ma quale ticket – voglio dire – Hillary Clinton-Barack Obama? Non è mai esistito. Non è mai esistito in senso tecnico. E non è mai esistito nel senso più vagamente politico che sembrano suggerire i commenti italiani di questi giorni, a proposito di una possibile accoppiata elettorale Bersani-Renzi.

Di un “dream ticket” tecnico Obama-Clinton, cioè di una candidatura congiunta alla presidenza e alla vicepresidenza, si era parlato alla fine delle primarie del 2008, ma senza farne niente. La competizione era stata troppo dura, la tensione troppo alta, lo scontro di personalità troppo acceso. Le primarie, per chi le fa sul serio, sono fatte così: si corre per vincere, non per fare il vice del concorrente. Ed era ovvio che Obama sarebbe stato il numero uno, il candidato presidenziale. Hillary numero due? Per lei sarebbe stata una umiliazione, per Barack una presenza ingombrante (insieme all’ingombrantissimo marito). E infatti il posto è andato a Joe Biden, allora e anche quest’anno. Dopo che anche quest’anno, a gennaio o giù di lì, l’ipotesi del “dream ticket” è circolata per un po’, di nuovo e inutilmente.

Un ticket in senso politico, una partnership organica a fini elettorali, non sono mai emersi davvero. Certamente alla Convenzione democratica del 2008 Hillary si era spesa in un gran discorso a sostegno di Obama, come si conviene a chi abbia a cuore le sorti del partito. Fra l’altro, aveva cercato di smorzare l’ira di quelle donne che più l’avevano sostenuta alle primarie e che più erano seccate del risultato. E poi aveva fatto la campagna d’autunno. Ma niente di speciale. Insieme a tante altre e altri aveva – verrebbe da dire citando il sindaco Renzi – “dato una mano”. E’ stata ricompensata per questo, e per rafforzare l’unità del partito, con una poltrona di governo? Non sembra proprio.

La poltrona, che ora sta per lasciare, è quella di Segretario di stato: la meno “politica” di tutte, la più lontana dai clamori delle contese interne e di partito (e infatti, quest’anno, niente campagna elettorale: c’era ben altro a cui pensare). Il nome che porta, noto all’universo mondo per essere stata First Lady, l’ha aiutata. Ma l’ha aiutata soprattutto essere stata per anni membro autorevole del Senato, del Comitato senatoriale per le forze armate e della Commissione congressuale per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Insomma è entrata nel governo per le esperienze e le relazioni accumulate nella carriera di una vita. Non perché era arrivata seconda alle primarie. Semmai, in vista, ci sono già le primarie prossime.

In campagna elettorale a Orlando, Florida, 20 Ottobre 2008.

In campagna elettorale a Orlando, Florida, 20 Ottobre 2008.

Categorie:Barack Obama, Elezioni, presidenza

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