Ma insomma, possono le assemblee legislative di uno Stato (non il governatore, che non c’entra niente) scegliere chi vogliono come Grandi elettori presidenziali? Senza tener conto dei risultati elettorali? La possibilità è affiorata nel dibattito pubblico, soprattutto nei media e nei social media di simpatie trumpiane, come ultima linea di difesa del presidente Trump. Secondo queste suggestioni, alcune assemblee statali a maggioranza repubblicana potrebbero prestarsi all’operazione, nominare Grandi elettori presidenziali di loro scelta (per es., repubblicani), ignorando la volontà popolare o meglio, dichiarando fraudolente le espressioni pratiche di quella volontà, cioè le elezioni. In tempi normali, un’ipotesi del genere sembrerebbe audace, ma questi non sono tempi normali.
Resta comunque, allo stato delle cose, una ipotesi infondata.
La risposta breve alla domanda iniziale è infatti questa. Sì, potrebbero farlo, se ci fosse una legge del loro Stato che preveda che così si faccia. E dunque no, non possono farlo visto che tutte le leggi esistenti prevedono altre procedure, e che l’approvazione in fretta e furia dopo il giorno delle elezioni di una legge che lo consentisse sarebbe improponibile. No, proprio non si può.
Vediamo la risposta più lunga.
La Costituzione (Article II, Section 1) stabilisce che i Grandi elettori presidenziali siano nominati da ciascuno Stato, “in such Manner as the Legislature thereof may direct”, cioè nel modo che verrà stabilito dal suo organo legislativo. Sul modo, ciascuno Stato è dunque sovrano. Il che non vuol dire che ha carta bianca, che può fare tutto quello che vuole, secondo i desideri del momento, dall’oggi al domani, nel cuore della notte. Vuol dire invece che ha l’autorità di regolare la faccenda con delle leggi statali, e che, una volta fatte le leggi, le leggi governano le procedure.
Appena entrata in vigore la Costituzione, gli Stati adottarono dunque le procedure richieste. Che variavano da Stato a Stato, ma che in prevalenza, sì, riservavano la scelta alle rispettive assemblee legislative statali, e quindi di fatto alle maggioranze politiche che le dominavano. Il passaggio alla elezione popolare dei Grandi elettori, su liste partisan, fu un processo lungo e diversificato, con tempi diversi da Stato e Stato. Fu parte del più generale processo di democratizzazione della repubblica, verso una “democrazia dei partiti”, che si concluse solo negli anni della Guerra civile. Da allora l’elezione popolare è il metodo standard in tutti gli Stati – non per mandato costituzionale, né per disposizione federale ma per somma di leggi statali (simili nei principi ma non identiche).
Naturalmente ogni Stato potrebbe cambiare ancora, adottare altre forme di selezione dei Grandi elettori, ritornare anche al sistema in cui la selezione sia affidata direttamente alle sue assemblee statali. Dovrebbe tuttavia farlo con una legge approvata a tempo debito, in modo che sia operativa quando si va a votare (ma servirebbe ancora a qualcosa votare per il presidente?). Leggi di tal fatta, comunque, oggi non esistono. E immaginare di adottarne una ad hoc in questa fase, quindi con valore retroattivo, sarebbe abbastanza, come dire, sconveniente? E non solo in linea di principio. Lo vieta esplicitamente la legge federale laddove dice (U.S. Code, Title 3, Chapter 1, Section 5) che le controversie elettorali devono essere sciolte secondo “laws enacted prior to the day fixed for the appointment of the electors”, cioè prima di Election Day.
Sembra ragionevole, e in uno stato di diritto non può essere altrimenti.
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Al di là di queste considerazioni, un punto che vale la pena di chiarire riguarda il diritto dei cittadini americani a votare per il loro presidente, sia pure nel modo ineguale (non tutti i voti hanno lo stesso peso) consentito dalla elezione indiretta nel sistema federale. Esiste un tale diritto garantito dalla Costituzione federale? Sembra proprio di no, visto che i Grandi elettori sono stati storicamente scelti, e potrebbero ancora essere scelti, da corpi diversi dall’elettorato generale (dai corpi legislativi statali appunto). Gli emendamenti rilevanti alla Costituzione, così come la rilevante legislazione federale sui diritti civili e politici, hanno esteso e protetto il diritto di voto individuale, ne hanno definito criteri e contorni, hanno vietato discriminazioni, ma non hanno toccato il suo esercizio per l’elezione del Presidente, che resta faccenda degli Stati.
Così la mette la sentenza del celebre caso Bush v. Gore, quella con cui la Corte suprema decise le pasticciate elezioni presidenziali del 2000; e capisco che si tratti di una sentenza che per qualcuno non sia esattamente un modello esemplare di ragionare giuridico. Comunque così la mette (il corsivo è mio):
The individual citizen has no federal constitutional right to vote for electors for the President of the United States unless and until the state legislature chooses a statewide election as the means to implement its power to appoint members of the Electoral College.
[T]he State legislature’s power to select the manner for appointing electors is plenary; it may, if it so chooses, select the electors itself, which indeed was the manner used by State legislatures in several States for many years after the Framing of our Constitution. History has now favored the voter, and in each of the several States the citizens themselves vote for Presidential electors.
The State, of course, after granting the franchise in the special context of Article II, can take back the power to appoint electors. … (“[T]here is no doubt of the right of the legislature to resume the power at any time, for it can neither be taken away nor abdicated”).
L’affermazione iniziale stupisce ancora molti lettori, anche sofisticati, che questa cosa l’hanno sempre saputa ma non ci hanno mai fatto caso: il diritto a votare in elezioni presidenziali è fondato sulla storia (“history”) non sulla Costituzione.
Qualcuno, mi sembra, ha invece ripreso queste parole per sottolineare la parte sul “plenary power” delle assemblee legislative statali, e sulla loro capacità di riprendersi la scelta dei Grandi elettori “at any time” – come se questo fosse un loro “superpotere” per fare un po’ quello che vogliono. Ecco, questo, come si diceva all’inizio, non è vero.
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