Settantacinque anni fa, questi sono i giorni della vittoria alleata in Europa. Ottanta anni fa, a cominciare dal 10 maggio 1940, queste sono le settimane in cui la Germania hitleriana lancia la grande offensiva sul fronte occidentale, travolge la Francia, costringe i britannici a lasciare il continente, arriva a Parigi. Si combattono e concludono la Battaglia di Francia e la Battaglia di Dunkirk, si annuncia la Battaglia d’Inghilterra. In tre potenti discorsi alla House of Commons, il nuovo primo ministro Winston Churchill presenta il suo governo di unità nazionale, fa il punto sulla guerra, annuncia la resistenza. Ciascun discorso contiene almeno un claim entrato nella leggenda, a celebrare l’idea che la Gran Bretagna sia chiamata alla storica missione di contrastare la minaccia nazista, con il nemico accampato sulle coste della Manica.
La Gran Bretagna da sola? A volte sembra di sì, nella memoria e nella mitologia nazionale. In realtà la Gran Bretagna non è sola, ha dietro di sé l’impero, anzi è l’impero. E Churchill lo sa bene, e infatti i suoi claims a questo si riferiscono, e con evidente orgoglio, anche se spesso i riferimenti sembrano dimenticati, tagliati via dalle citazioni. Questa è una guerra mondiale, e l’impero britannico abbraccia il mondo. Churchill nomina i dominions bianchi, Australia e Nuova Zelanda, Canada e Sud Africa. Ricorda le istituzioni imperiali, che forniranno truppe coloniali, più di due milioni di soldati indiani, centinaia di migliaia di soldati africani, soldati caraibici (i soldati di pelle scura un po’ in secondo piano nei poster di propaganda, come quello qui sopra). Evoca anche le ex colonie di due secoli prima, e alla fine le nomina, gli Stati Uniti d’America, che in guerra non sono e che vorrebbe ci fossero.
“Non ho niente da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore” – “blood, toil, tears and sweat” – ripete Churchill in Parlamento, dopo averlo detto poche ore prima (il 13 maggio) al suo primo gabinetto di guerra. Qual è la nostra politica? Far guerra a una mostruosa tirannia. Qual è il nostro scopo? “Posso rispondere con una sola parola. E’ la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria, per quanto lunga e dura possa essere la strada; perché senza vittoria non c’è sopravvivenza. E sia chiaro: non c’è sopravvivenza per l’impero britannico, non c’è sopravvivenza per tutto ciò che l’impero britannico rappresenta…”
“Combatteremo sulle nostre spiagge” – “we shall fight on the beaches” – dice Churchill alla fine dell’epica evacuazione di Dunkirk (il 4 giugno). Non ci arrenderemo mai. Difenderemo la nostra isola, “da soli se necessario”. Ma appunto non siamo soli: “e anche se, e non ci credo neanche per un momento, quest’isola o gran parte di essa fosse soggiogata e ridotta alla fame, allora il nostro impero oltremare, armato e protetto dalla flotta britannica, porterà avanti la lotta, finché, quando dio vorrà, il Nuovo mondo, con tutta la forza e potenza di cui è capace, si farà avanti per salvare e liberare quello Vecchio”.
Questa sarà ricordata come la nostra “finest hour” – dice Churchill annunciando (il 18 giugno, dopo la caduta di Parigi) la preparazione per la difesa di cielo e di mare. “L’ora più bella” di chi? Ma dell’impero, di tutto l’impero. “Ma se noi perdiamo, allora il mondo intero, compresi gli Stati Uniti, compreso tutto ciò che abbiamo conosciuto e amato, affonderà nell’abisso di nuovi secoli bui resi ancora più sinistri, e forse più duraturi, dalla luce di una scienza pervertita. Prepariamoci quindi al nostro dovere, e comportiamoci in modo tale che, se l’impero britannico e il Commonwealth dovessero durare mille anni, si potrà sempre dire, ‘Questa è stata la loro ora più bella’”.
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