Nel melting pot dei vostri sogni è possibile che il primo serio aspirante alla presidenza che sia ebreo, nipote di immigrati ebrei, abbia come principale collaboratore un giovane professionista che sia musulmano, figlio di immigrati pakistani. E’ esattamente quello che è successo con Bernie Sanders e il suo braccio destro dal febbraio di quest’anno, il suo campaign manager trentanovenne Faiz Shakir. Con una grossa forza simbolica che sta scritta, in tutta evidenza, anche nel nome etnicamente ben connotato. Benché, va detto, con poca fortuna dal punto di vista dei successi elettorali, visto che Shakir ha presieduto al precipitare delle prospettive presidenziali del suo leader (non per colpa sua, sembra).
Shakir ha una storia interessante, per un figlio di immigrati della Florida. E una storia curiosa, per uno stretto collaboratore di Sanders.
E’, ovviamente, tutt’altro che un pivello.
E’ laureato in scienze politiche a Harvard e in legge a Georgetown University, il fior fiore dell’istruzione privata. Ha lavorato con e per il Democratic National Committee, è stato consigliere ascoltato della leadership Democratica alla Camera e al Senato, in particolare del capogruppo al Senato Harry Reid e di Nancy Pelosi, per conto della quale ha condotto iniziative in difesa dei diritti delle persone LGBT e dei musulmani-americani. E’ stato membro di una importante think tank di ispirazione liberal, il Center for American Progress, dove ha animato il blog ThinkProgress fondato da John Podesta, molto vicino a Hillary Clinton. E’ stato fino all’altro giorno national political director della ultra-liberal American Civil Liberties Union (ACLU). Nel 2016, facendo inviperire Podesta e tutto l’ambiente di Hillary, è diventato informale consigliere di Bernie. E infine, dal mese scorso, è capo formale della sua campagna elettorale.
E’ il primo musulmano a guidare una importante campagna presidenziale, l’orgoglio della sua comunità. Ma chissà, volendo, può essere considerato anche un perfetto prodotto (variante progressista) dell’establishment Democratico e dell’establishment politico tout-court, quello dei circoli della capitale e delle università d’elite.
Sembra che qualche anno fa un collaboratore abbia detto a Sanders, che come al solito se la prendeva con l’establishment Democratico, “Bernie, sei un senatore degli Stati Uniti. Cosa c’è di più establishment di questo?” Anche il suo campaign manager, da questo punto di vista, ha un curriculum di tutto rispetto.
- Una donna come candidata alla Vice Presidenza nel ticket democratico?
- Possono i membri del Congresso degli Stati Uniti votare a distanza? Dibattito.
Categorie:campagna elettorale, Immigrazione
Tag:Bernie Sanders, Faiz Shakir, musulmani, primarie