Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Il Chinese Dream, il più recente e forse ultimo prodotto dell’egemonia americana?

 

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I marinai della prima portaerei cinese, Liaoning, compongono i caratteri che dicono “Sogno cinese, sogno militare” (novembre 2013, Modern Navy, Photo/Zhang Kai)

Il Chinese Dream è probabilmente un calco dell’American Dream, il più recente e forse, chissà, ultimo prodotto dell’egemonia culturale americana di tipo novecentesco.

La frase “sogno cinese” affiora nei media statunitensi intorno al 2012, e l’eco americaneggiante è ovvia, immediata. Compare nel titolo di un libro della scrittrice cinese-americana Helen H. Wang (The Chinese Dream:The Rise of the World’s Largest Middle Class), in un articolo del mensile Atlantic, in una column di Thomas Friedman sul New York Times del 2 ottobre di quell’anno (China Needs Its Own Dream). Nel novembre 2012 comincia a essere usata da colui che ne diventerà il più noto profeta in patria, l’allora nuovissimo Segretario generale del partito comunista e poi Presidente della repubblica cinese Xi Jinping. Che il calco sia reale oppure no, l’America ha poco posto nelle parole di Xi: nelle sue predicazioni gli Stati Uniti quasi non esistono (più).

Il sogno cinese ricorre con frequenza nei discorsi di Xi fra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 (ora sono raccolti nel volume The Governance of China, 2015). Da lì si diffonde nel linguaggio politico e giornalistico fino ad atterrare nel novembre 2013, in versione militaresca, sulla tolda della prima portaerei del paese (vedi la fotografia in alto). Nella retorica del leader configura una profezia: “Il sogno cinese riguarda la prosperità del paese, il ringiovanimento della nazione, la felicità del popolo”. L’accento è sulla qualità dello sviluppo interno, le implicazioni evocano un ritorno alla grandezza di un tempo. E’ qualcosa di più di uno slogan, è la visione di una società che, se il popolo seguirà le indicazioni del partito, se tutti daranno il loro contributo, arriverà a maturazione a metà del secolo – per la precisione nell’anno 2049, il centenario della vittoriosa rivoluzione comunista. Da allora, dice la promessa, la Cina sarà una società forte e “armoniosa”, si sarà lasciata alle spalle la povertà e la corruzione, e avrà un posto al sole nel mondo.

Il sogno sarà così realizzato.

E’ un sogno nazionalista, raccontato con linguaggio etno-nazionalista, che parla di storia e cultura condivise ma anche di discendenza e sangue. “Il sangue della nazione cinese scorre in ciascuno di noi, e nostra è per sempre l’anima della nazione cinese”, dice Xi. E ancora: “E’ una verità elementare che il sangue sia più denso dell’acqua”. E’ a questa verità che devono essere educati i giovani cinesi, la verità di una nazione gloriosa consolidata da uno spirito di patriottismo, collettivismo e socialismo. Una nazione che sul piano internazionale sostiene i principi di diversità e non-interferenza fra stati. “Dobbiamo rispettare il diritto di tutti i paesi a scegliere in maniera indipendente il proprio sistema sociale e la propria via allo sviluppo”, dice Xi. E aggiunge: “tutte le civiltà umane hanno eguale valore, tutte hanno punti di forza e di debolezza”. Ma è comunque convinto che la sua civiltà non sia eguale a nessun’altra, sia “una realizzazione unica nella storia del mondo”.

Come tutti i nazionalismi, anche quello del sogno cinese è eccezionalista.

Di questa civiltà e del suo sogno il partito comunista è l’agente principale, dice Xi. E lui stesso, Xi, ne è il figlio prediletto, insieme figlio e leader del suo popolo e del partito. Del partito Xi è anche il principale critico e la sferza politica, quando degenera e prende strade sbagliate, quando cade nel peccato dell’individualismo, dell’edonismo, dello spreco stravagante e del lusso, dell’orgoglio, della corruzione morale e materiale. Il compito che Xi si assegna è quello di riportare il partito sulla retta via, affinché il Chinese Dream diventi realtà.

La struttura del discorso è qui di nuovo americaneggiante, ricorda quella della geremiade americana che dice: la meta è giusta, i valori sono giusti, talvolta si prende la strada sbagliata, ma la redenzione è possibile – tornando ai valori originari. Che è la struttura anche dell’American Dream, ma in effetti un po’ di tutti i sogni di derivazione rivoluzionaria.

Categorie:Americanismo

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