Ci sono queste giovani donne, nuove elette democratiche alla Camera dei rappresentanti, nuove e fresche e cool, con la coolness che deriva anche, per parecchie di loro, dal loro essere lievemente esotiche nei nomi e nei tratti e negli abiti, o almeno così le vediamo noi maschi bianchi di una certa età pur abituati ai panorami multietnici americani – giovani donne che sembrano gioiosamente e serenamente all’arrembaggio della vita pubblica, che il posto se lo sono conquistato con le idee e il talento, con una ambizione invidiabilmente easy, e che sono circondate dall’ammirazione e dal rispetto dei loro pari, donne e uomini. O almeno così appaiono nelle immagini che trasmettono, nel clima di festa di questi giorni. Quando the going will get tough si vedrà.
Sono in contrasto oppure no, almeno per noi persone di una certa età, con le donne che giovani lo erano due epoche fa, ai nostri tempi, e che ora hanno le nostre stesse rughe? La ragazza midwestern Hillary Rodham Clinton con gli occhiali da secchiona, oppure Nancy D’Alessandro Pelosi, la signora italiana di San Francisco con le stiletto shoes. Ancora oggi sulla scena con ferocia, con la speciale feroce toughness di donne di potere diventate tali quando si usava poco, e la loro speciale ferocia e ambizione spiccava molto fra quelle normali degli uomini, e le rendeva controverse, stridenti, irritanti. Avendo fatto tante cose nel bene e nel male, di loro si discuteranno virtù e vizi, crimini e misfatti. Nei libri di storia più generali e sintetici, quelli in cui anche le vite delle celebrities sono riassunte in un paio di righe, di Nancy si dirà: fu la prima e unica donna speaker della Camera e una formidabile leader parlamentare dei democratici. E di Hillary: fu la prima candidata presidenziale di un grande partito, perse le elezioni e vinse il voto popolare. Pathbreakers insomma.
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