Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Stati Uniti. I voti degli elettori sindacalizzati? Sempre meno influenti, sempre di meno

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Il consenso elettorale degli iscritti ai sindacati e dei famigliari più vicini è storicamente considerato uno dei pilastri del partito Democratico, in particolare di quello newdealista prima della crisi politica del 1968-1972 e della crisi economico-sociale degli anni 1970s. La tabella qui sotto, che mette in fila il voto dei membri delle union households (le unità famigliari in cui c’è almeno un tesserato sindacale) alle elezioni presidenziali dal 1952 a oggi, conferma e insieme qualifica al ribasso questa convinzione.

Certo, il voto sindacale è sempre in maggioranza Democratico, ma in maggioranza appunto, significativa ma non travolgente, normalmente intorno al 60%, con un 40% che va ai Repubblicani o si disperde. Dal 1952 in poi non c’è mai un voto compatto per il partito Democratico in quanto party of labor. Il picco di tutto il periodo è nel 1964, come per l’elettorato generale del resto, e per ragioni eccezionali: a favore del presidente Johnson contro l’estremista Repubblicano Barry Goldwater.

Poi c’è un periodo di sconvolgimenti. C’è l’incredibile 15% che nel 1968 premia il candidato indipendente della destra razzista, George Wallace. C’è il punto più basso del 1972, con la maggioranza del 54% a favore del presidente Nixon contro il Democratico di sinistra George McGovern. C’è il moderato ma comunque minoritario consenso a Ronald Reagan. E di nuovo l’attrazione verso l’indipendente John Anderson nel 1980, e l’innamoramento verso l’indipendente Ross Perot nel 1992.

Ma dal 1988 in poi torna la stabilità nel voto Democratico, più o meno sugli stessi numeri degli anni 1950s, quel 60% che sembra fisiologico. Fino al 2016 quando c’è di nuovo una piccola fuga verso i candidati indipendenti, apparentemente a danno di Hillary Clinton. Il tanto discusso scivolone operaio-sindacale a favore di Donald Trump sembra piccola cosa. Dopo tutto, The Donald guadagna solo 3 punti sul precedente candidato Repubblicano, Mitt Romney.

Il vero problema per il partito Democratico sta altrove, com’è evidente dalla seconda colonna della tabella, quella che comincia con il 1976 (prima non ho trovato dati). Lì sono tabulate le percentuali di elettori union households sul totale degli elettori: erano il 29% del corpo elettorale nel 1976, sono oggi il 18%. In quarant’anni, una caduta verticale. Comunque votino, i cittadini legati ai sindacati sono sempre di meno, e quindi sempre meno influenti, nel partito Democratico, nei partiti in generale e nella società.

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Categorie:Elezioni, Labor movement

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