“Che cosa è successo” – durante la campagna elettorale e nelle elezioni di novembre dell’anno scorso? In What Happened (Simon and Schuster, 2017) Hillary Rodham Clinton dà la sua versione dei fatti e dei sentimenti, e varrà la pena di leggerlo tutto, prima o poi, il libro appena uscito, anche se è già cominciata la gara a sfotterlo e a farlo a pezzi, come si conviene a ogni cosa hillariana e clintoniana.
Intanto leggo e traduco un paio di pagine dal capitolo “On Being a Woman in Politics”, nella parte intitolata “Sisterhood”. Qui Hillary si presenta come prodotto delle trasformazioni storiche e parte dell’avanguardia dei movimenti sociali che hanno cambiato le donne della sua generazione ( è arrivata nel momento giusto, “come una surfista che prende l’onda perfetta” – mi piace l’immagine). Non ha saputo, dice, come raccontare questa storia in termini personali e politici, come metterla a frutto nella campagna elettorale. E ammette: avrebbe dovuto raccontarla meglio e con più orgoglio.
Perché “è la storia di una rivoluzione”.
Sono nata quando tutto stava cambiando per le donne. Le famiglie stavano cambiando. Il lavoro stava cambiando. Le leggi stavano cambiando. Le idee sulle donne che avevano governato la nostra vita per millenni stavano cambiando – finalmente! Sono arrivata proprio nel momento giusto, come una surfista che prende l’onda perfetta. Tutto quello che sono, tutto quello che ho fatto, tanto di quello in cui credo deriva da questo felice incidente del fato. […]
So che per un sacco di gente, compreso un sacco di donne, il movimento per l’eguaglianza delle donne è un cosa soprattutto del passato. Ma hanno torto. E’ ancora in corso, ancora urgente e vitale come sempre.
Questa è stata ed è la storia della mia vita – della mia e di quella di milioni di donne. La condividiamo. L’abbiamo scritta insieme. La stiamo ancora scrivendo. E anche se do l’impressione di vantarmene, e vantarsi non è qualcosa che si suppone le donne debbano fare, non sono stata solo una partecipante in questa rivoluzione. Ho anche contribuito a guidarla. […]
Non sono mai riuscita a capire come raccontare questa storia nel modo giusto. In parte è perché non sono brava a parlare di me. Inoltre non volevo che la gente mi vedesse come la “donna candidato”, che è una cosa che trovo limitante, ma piuttosto come la candidata migliore resa più intelligente, più forte e più competente dalla sua esperienza di donna in una cultura dominata dagli uomini. Si tratta di una distinzione non facile da fare, e non ero sicura di avere la destrezza necessaria per riuscirci.
Ma la ragione principale per cui mi sono trattenuta dall’adottare questa narrazione è che lo storytelling ha bisogno di un pubblico ricettivo, e non ho mai avuto la sensazione che l’elettorato americano lo sarebbe stato. Desidero con tutto il cuore che questo sia in paese in cui una candidata che dica, “la mia storia è la storia di una vita plasmata dal e dedicata al movimento di liberazione delle donne”, sia salutata con approvazione e non derisa. Ma non è ancora quello che siamo. Non ancora.
Forse è perché diamo questa storia per scontata – sì, sì, il movimento delle donne c’è stato, perché ne parliamo ancora? Forse è troppo femminile. Forse è insieme troppo grande (un enorme cambiamento storico) e troppo piccola (ecco un’altra ragazza middle-class e Midwestern che ce l’ha fatta nel mondo). […]
Questo va detto: il sessismo e la misoginia hanno giocato un ruolo nelle elezioni presidenziali del 2016. La prova regina, il reperto A, è che il candidato palesemente sessista ha vinto.
- Letture. “When you’re black in America, everything is about race” (Kareem Abdul-Jabbar, 2017)
- Le donne democratiche che vogliono riprovarci, a conquistare la Casa bianca
Categorie:campagna elettorale
Tag:donne, elezioni 2016, Hillary Clinton, sessismo