Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

DuBois (1928): Un monumento a Robert E. Lee? Una monumentale sciocchezza

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W.E.B. DuBois, il più importante intellettuale afro-americano della prima metà del Novecento, storico e attivista per i diritti civili, pubblica questo articolo nel marzo 1928 sulla rivista che dirige, The Crisis (che è l’organo della National Association for the Advancement of Colored People, NAACP). Il titolo originale è “Robert E. Lee”. Il 19 gennaio è l’anniversario della nascita di Lee.

Ogni anno il 19 gennaio si ripete il tentativo di canonizzare Robert E. Lee, il più grande generale confederato. La personale avvenenza, la nascita aristocratica e l’abilità militare sembrano concorrere a un verdetto di grandezza e genio. Ma una cosa – una cosa terribile – milita contro tutto ciò, e cioè la verità incontrovertibile che Robert E. Lee guidò una guerra sanguinosa per perpetuare la schiavitù. Giornali compiacenti come il New York Times possono solennemente dichiarare, “Naturalmente, non ha mai combattuto per la schiavitù”. Bene, per che cosa ha combattuto allora? Per i diritti degli stati? Sciocchezze. Al Sud importava dei diritti degli stati solo come un’arma per difendere la schiavitù. Se il nazionalismo avesse consentito una difesa più vigorosa del sistema schiavista, il Sud sarebbe stato altrettanto nazionalista nel 1861 di quanto lo era stato nel 1812.

No, la gente non va in guerra per teorie astratte. Combatte per la proprietà e per i privilegi, ed è per questo che la Virginia ha combattuto nella Guerra civile. E Lee ha seguito la Virginia. Ha seguito la Virginia non perché amasse particolarmente la schiavitù (anche se certamente non la odiava), ma perché non ha avuto il coraggio morale di schierarsi contro la sua famiglia e il suo clan. Lee ha esitato e si è esposto alla vergogna perché gli è stato chiesto di guidare un esercito contro il progresso umano e la decenza cristiana e non ha osato rifiutare. Non si è arreso a Grant ma alla Emancipazione dei neri.

[…]

E’ il castigo del Sud che i suoi Robert E. Lee e Jefferson Davies siano sempre alti, attraenti e nati bene. Che il loro coraggio sia fisico e non morale. Che la loro leadership sia adesione conformista all’opinione pubblica e mai rivolta rischiosa e risoluta in favore della giustizia e del diritto. E’ ridicolo cercare di esonerare Robert E. Lee dalla responsabilità di essere stato l’agente più formidabile che il paese abbia prodotto per tenere quattro milioni di esseri umani nello stato di merci e non di uomini. O sapeva che cosa la schiavitù volesse dire quando ha contribuito a mutilare e uccidere in sua difesa, o non lo sapeva. Se non lo sapeva era uno stupido. Se lo sapeva, Robert E. Lee era un ribelle e un traditore – in effetti non contro il suo paese ma contro l’umanità e il Dio dell’umanità.

Categorie:Cultura politica

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