Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Che cosa succede se Trump si ritira dalla corsa

rtr2ma1v-e1448258613456Questa strana campagna elettorale costringe di continuo gli operatori, i giornalisti, i commentatori, gli esperti e tutti gli osservatori a frugare nei cassetti, a cercare nervosamente carte dimenticate, ignorate, ritenute da sempre inutili (tipo gli statuti dei partiti), a studiare con attenzione le leggi degli Stati in tutti i loro codicilli più diabolici o angelici, a ripassare davvero la Costituzione. Il paradiso degli avvocati, e magari degli azzeccagarbugli.

Adesso c’è il nuovo affaire Donald Trump. Appurato che nessuno, neanche le autorità del partito stesso, può cacciarlo dalla posizione di candidato ufficiale del partito repubblicano, si apre e resterà aperta per un po’ di giorni la questione politica: qualcuno riuscirà a convincerlo a mollare? Non sembra proprio che ne abbia voglia, per motivi che non affronto qui. Ma ammettiamo che i tanti esponenti repubblicani che stanno prendendo le distanze, che in effetti stanno fuggendo dal farsi vedere con lui, che si stanno riunendo di qua e di là con le mani nei capelli, ci riescano – che cosa succederebbe?

La risposta è simile a quella che ho discusso in un post precedente (qui) a proposito del partito democratico e delle polmoniti di Hillary Clinton.

Ed è questa. Se Trump viene meno per qualunque motivo, perché rinuncia o si ammala gravemente fino all’incapacità o dà un calcio al secchio, è compito del Republican National Committee (RNC) riempire il posto vacante. Come nel caso del Democratic National Committee (DNC), può farlo rapidamente convocandosi in seduta plenaria e decidendo su un nuovo nome di sua scelta. Rispetto al DNC, il RNC ha una opzione in più; può riconvocare in via straordinaria i delegati della convenzione nazionale dell’estate precedente, e passar loro la patata bollente. Ma per questo ci vuole tempo e il tempo, al punto in cui siamo quest’anno, manca.

In ogni caso l’articolo rilevante dello statuto repubblicano, bello spolverato e tutto, è il numero 9, Rule 9(a) com’è scritto lì:

(a) The Republican National Committee is hereby authorized and empowered to fill any and all vacancies which may occur by reason of death, declination, or otherwise of the Republican candidate for President of the United States or the Republican candidate for Vice President of the United States, as nominated by the national convention, or the Republican National Committee may reconvene the national convention for the purpose of filling any such vacancies.

A questo punto il tempo manca anche per sostituire il nome nelle carte statali (memo: legislazioni e macchine elettorali sono faccende degli Stati, non federali).

Tutte le scadenze sono scadute, le liste fatte, le schede stampate. E’ possibile immaginare che la cosa finisca davanti ai tribunali, che si aprano cause giudiziarie in tutti i cinquanta Stati. Ma c’è di più. In molti luoghi, con il sistema dell’ early voting o voto anticipato, si è già cominciato a votare. Trump (e anche Hillary) sta già raccogliendo voti in Minnesota, New Jersey e Illinois, Iowa e altrove. A chi andrebbero quei voti, e quelli espressi nei prossimi giorni o fino a Election Day, qualora non si riuscisse a sostituire il suo nome sulle schede di tutti gli Stati?

Qui tocca fare un passo avanti, entrare in territori sconosciuti, fare appello alla Costituzione.

Si riscopre così una cosa fondamentale. E cioè che in effetti gli elettori americani non votano direttamente per il presidente bensì – Stato per Stato – per liste di Grandi elettori che poi a loro volta, riunendosi a formare l’Electoral College, esprimono il vero voto, l’unico costituzionalmente valido, per il presidente. I Grandi elettori – Stato per Stato – sono uomini e donne di partito, fedeli al partito, che si impegnano a votare per il nome indicato dal partito sulle schede. Se vincono nel loro Stato, questo devono fare.

Ma se il nome scritto lì non è più valido, si è ritirato, è stato sostituito?

In questo caso si avvitano gli interrogativi.

I Grandi elettori sono allora liberi di votare per chi gli pare? Cioè, per il nuovo candidato scelto dal partito, anche se il suo nome non compare sulle schede? Non è così semplice. In certi Stati (non in tutti) la legge vieta ai Grandi elettori di votare in modo diverso dall’impegno assunto, per evitare trasformismi e fantasie individuali. Firmano affidavit, rischiano multe. Ma devono davvero votare per chi non è più in gara? Volendo, possono facilmente violare l’affidavit e sfidare le multe, tanto qualcuno pagherà. D’altra parte, queste leggi che li vincolano, sono davvero costituzionali?

Alla Corte suprema! Alla Corte suprema! Non accadrà. Ma in questa strana campagna elettorale può ancora accadere di tutto.

Categorie:campagna elettorale, Electoral process

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