Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Chi è Dorothy Day, la cattolica americana di cui ha parlato papa Francesco

maxresdefault“I would like to mention four of these Americans: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day and Thomas Merton. … Three sons and a daughter of this land, four individuals and four dreams: Lincoln, liberty; Martin Luther King, liberty in plurality and non-exclusion; Dorothy Day, social justice and the rights of persons; and Thomas Merton, the capacity for dialogue and openness to God.” Discorso di papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti, 24 settembre 2015.

Dorothy Day è una figura tosta. Ed è anche tosto che il suo nome sia stato fatto da papa Francesco a Washington, uno di quattro nomi ben selezionati: due protestanti e due cattolici; un presidente, due attivisti, un monaco; due maschi bianchi, un nero, una donna. Di lei Francesco ha ricordato l’attivismo sociale ispirato dal vangelo, la passione per la causa degli oppressi – cose importanti, ha detto, in un momento di grandi problemi sociali. Certo Dorothy è stata una persona impegnativa, per tutta la sua vita (1897-1980). E’ stata definita, per chi vuole ascoltarla, la coscienza radicale del cattolicesimo nordamericano.

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E’ vero che si è fatto parecchio per farla rientrare, la sua figura, nei ranghi. Per normalizzarla. Dal 2000 è in corso il processo per la sua beatificazione. Potrebbe essere fatta santa, per questo Francesco l’ha chiamata “Serva di Dio” (un termine, come dire, tecnico). Ha ricevuto molti riconoscimenti da istituzioni, associazioni, università cattoliche americane, è stata ed è celebrata da America, la rivista dei gesuiti. E’ indicata come un esempio grande di conversione. E in effetti dalla sua conversione, avvenuta a trent’anni, nel 1927, ha sempre accettato gli insegnamenti e l’autorità della Chiesa.

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Dopodiché, nei fatti, nei comportamenti, Dorothy Day ha fatto molto di testa sua. A cominciare da qui: “Non chiamatemi santa, non voglio essere liquidata così facilmente”. E’ una frase a lei attribuita. Ed è una frase che fa dire ai suoi seguaci più fedeli (molti dei quali sono convinti della sua reale santità) che sostenere la sua canonizzazione formale è un po’ come tradirla. Sui santi Dorothy ha idee precise. Così scrive nelle memorie, a proposito dei suoi primi sguardi adolescenziali sulla povertà: “Dov’erano i santi che cercano di cambiare l’ordine sociale, non solo di dare assistenza agli schiavi ma di eliminare la schiavitù?”

6b147167761ee2cc491729ed4a7d67b0La conversione avviene a trent’anni, dopo una giovinezza in cui cerca i santi che cambiano il mondo in altri ambienti, in altre ideologie. E’ anarchica e socialista, i suoi profeti sono i martiri anarchici di Haymarket, il socialista Eugene Debs, la comunista Elisabeth Gurley Flynn, gli Industrial Workers of the World. Lavora per la stampa di sinistra di New York, per The Masses e The Liberator. Fa la vita boheme del Greenwich Village, amante di un comunista e di un giornalista scavezzacollo. Ha un aborto. Un nuovo amante e una vita più serena l’avvicinano alla religione e infine al cattolicesimo.

Non rinnega mai il passato, anzi porta con sé un bagaglio di esperienze, rapporti personali, istinti all’azione che segna il suo lavoro successivo. Dice: “La bottiglia conserva sempre l’odore del liquore che ha contenuto”. Insieme a un emigrato francese, Peter Maurin, scopre e studia la dottrina sociale della Chiesa, e ne fa una pratica. Nel cuore della grande depressione, i due fondano il giornale Catholic Worker e il movimento che ne prende il nome. Lo lanciano il Primo maggio 1933 a Union Square, a Manhattan, dove ancora si festeggia la festa rossa e internazionalista dei lavoratori.

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Il giorno e il luogo sono significativi. Segnalano una vicinanza alle tradizioni più radicali del movimento operaio, ma anche una sfida a esse. Il Catholic Worker si contrappone al Daily Worker comunista. Il suo programma si contrappone a quello marxista. Dice Dorothy: “Noi crediamo nella diffusione della proprietà privata, nella de-proletarizzazione del popolo americano. Crediamo che l’individuo debba possedere i mezzi di produzione, la terra e i suoi strumenti. Noi ci opponiamo al capitalismo finanziario così giustamente criticato e condannato da Karl Marx ma crediamo che ci possa essere un capitalismo cristiano così come un comunismo cristiano”.

E poi, oltre le chiacchiere, prima di tutto, c’è l’azione. Nel mezzo secolo successivo il Catholic Worker Movement costruisce case-rifugio per gli homeless e i disoccupati, partecipa alle agitazioni operaie. Sostiene scioperi e boicottaggi, pratica l’azione diretta e la disobbedienza civile. Dorothy finisce sei o sette volte in carcere per questo, con una straordinaria continuità. La prima volta le succede da suffragista nel 1917 (anche se da anarchica sempre, lei personalmente non voterà mai). L’ultima volta nel 1973, quasi ottantenne, insieme a Cesar Chavez e al sindacato dei braccianti agricoli immigrati della California.

Dorothy è una pacifista estrema. Lo è anche nella lotta di classe, dice agli amici comunisti. Ma lo è soprattutto contro tutte le guerre, proprio tutte. Rifiuta di schierarsi sulla guerra di Spagna, facendo arrabbiare la gerarchia cattolica che è franchista. Rifiuta di appoggiare la Seconda guerra mondiale, mentre la gerarchia cattolica è patriottica. Si oppore agli interventi militari in Corea e Vietnam, contro la gerarchia cattolica che le benedice. Negli anni 1960s partecipa alle manifestazioni in cui si bruciano le cartoline precetto dei giovani richiamati alla leva. Rischia grosso quando ha parole di apprezzamento per la resistenza di Ho Chi Min.

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In effetti le vecchie simpatie di prima della conversione continuano a operare dentro di lei, a farle assumere atteggiamenti non convenzionali. Di fronte alla rivoluzione cubana, comunista e atea, sembra mettere da parte persino il suo pacifismo. Dice: “Molto meglio ribellarsi violentemente che non fare niente per gli indigenti”. E ancora: “Siamo dalla parte della rivoluzione… Dio benedica Fidel Castro e tutti quelli che vedono Cristo nei poveri. Dio benedica tutti quelli che cercano la fratellanza degli uomini perché amando i loro fratelli amano Dio anche se ne negano l’esistenza”.

Anche Garibaldi benedice, Dorothy. E’ contenta che la Chiesa sia stata costretta a liberarsi del potere temporale, nell’Ottocento: un fatto non voluto dal papa ma certo voluto da Dio, che ha le sue strade misteriose per farci un favore anche quando non lo vogliamo. E Garibaldi ha contribuito a questa liberazione, magari inconsapevolmente. Dice: “ho detto una preghiera per la sua anima e l’ho benedetto per essere stato lo strumento del grande disegno di Dio. Possa Dio usarci in questo modo”. Resta, dice Dorothy, il problema delle ricchezze terrene del papato. Ma anche su questo il Signore troverà il modo di fare il lavoro al posto nostro.

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Categorie:religione

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