Due poesie di Claude McKay, poeta afro-americano nato in Jamaica nel 1889, emigrato negli Stati Uniti nel 1912, e morto a Chicago nel 1948 – con tentativi elementari (di cui chiedo perdono) di traduzione in italiano.
La prima e più famosa, If We Must Die, fu scritta durante le violente race riots del 1919; la seconda, America, è del 1921. Entrambe furono pubblicate su The Liberator, un periodico di cui era editor Max Eastman. In quegli anni sia McKay che Eastman erano attivi nel movimento comunista americano e internazionale. Nella foto qui sopra sono insieme a Mosca per il congresso dell’Internazionale comunista (Comintern) del 1923. Nella foto in calce al post, McKay parla al Cremlino – nella stessa occasione.
If We Must Die (1919)
If we must die—let it not be like hogs
Hunted and penned in an inglorious spot,
While round us bark the mad and hungry dogs,
Making their mock at our accursed lot.
If we must die—oh, let us nobly die,
So that our precious blood may not be shed
In vain; then even the monsters we defy
Shall be constrained to honor us though dead!
Oh, Kinsmen! We must meet the common foe;
Though far outnumbered, let us show us brave,
And for their thousand blows deal one deathblow!
What though before us lies the open grave?
Like men we’ll face the murderous, cowardly pack,
Pressed to the wall, dying, but fighting back!
Se dobbiamo morire (1919)
Se dobbiamo morire – che non sia come maiali
Braccati e rinchiusi in un angolo senza gloria,
Mentre intorno a noi ringhiano cani rabbiosi e famelici,
che si fanno beffe del nostro destino maledetto.
Se dobbiamo morire – oh, che sia nobilmente,
Così che il nostro sangue prezioso non sia versato
Invano; allora anche i mostri che sfidiamo
Saranno costretti a onorarci nella nostra morte!
Oh, Fratelli! Dobbiamo affrontare il nemico comune;
Anche se in pochi contro molti, mostriamoci coraggiosi,
E per mille dei loro colpi assestiamone uno mortale!
Che importa se ci aspetta la tomba?
Da uomini affrontiamo il vile branco assassino,
Con le spalle al muro, morendo, ma combattendo!
¶
America (1921)
Although she feeds me bread of bitterness,
And sinks into my throat her tiger’s tooth,
Stealing my breath of life, I will confess
I love this cultured hell that tests my youth!
Her vigor flows like tides into my blood,
Giving me strength erect against her hate.
Her bigness sweeps my being like a flood.
Yet as a rebel fronts a king in state,
I stand within her walls with not a shred
Of terror, malice, not a word of jeer.
Darkly I gaze into the days ahead,
And see her might and granite wonders there,
Beneath the touch of Time’s unerring hand,
Like priceless treasures sinking in the sand.
America (1921)
Anche se mi nutre del pane dell’amarezza,
E mi affonda in gola i suoi denti di tigre,
Rubandomi il respiro della vita, confesso
Di amare questo inferno che mette alla prova la mia gioventù!
Il suo vigore mi fluisce come una marea nel sangue,
Mi da la forza di ergermi contro il suo odio.
Le sue enormi dimensioni mi travolgono come un’alluvione.
E come un ribelle che affronta un re in tutta la sua maestà,
Sto dentro le sue mura senza un briciolo
Di terrore, di rancore, senza una parola di scherno.
Con inquietudine guardo ai giorni che verranno,
E vedo la sua potenza e le sue meraviglie di granito,
Là, sotto il tocco della mano infallibile del Tempo,
Come tesori inestimabili semisommersi nella sabbia.
¶
Qui c’è la registrazione sonora di If We Must Die fatta dallo stesso McKay e pubblicata nell’album Anthology of Negro Poets (Folkways, 1954). Nell’introdurre la lettura, McKay dice: “If We Must Die is the poem that makes me a poet among colored Americans. Yet, frankly, I have never regarded myself as a ‘Negro’ poet. I have always felt that my gift of song was something bigger than the narrow, confining limits of any one people and its problems. Even though many of my themes were racial, I wrote my poems to make a universal appeal.”
McKay prosegue raccontando che, quando fu pubblicata all’indomani della Prima guerra mondiale, la poesia fu denunciata da molti leader bianchi conservatori, anche in Congresso. Ma poi i tempi sono cambiati, dice, e durante i bombardamenti nazisti di Londra fu inserita in un’antologia in Gran Bretagna. Inoltre, accendendo la radio nel 1944, venne a sapere che il testo era stato trovato addosso a un soldato americano bianco morto in Europa – e chissà se sapeva che l’autore era un nero. Questi versi, conclude, parlano a tutti.
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