Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Cancel culture prima della cancel culture? Due monumenti americani rimossi dal Congresso nel 1958

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I monumenti vanno e vengono, cambiano significato nel tempo, sono eretti e poi rimossi, e non sono neanche necessarie le mobilitazioni esistenziali e politiche dei nostri anni inquieti perché ciò accada. Cose così sono successe prima della cosiddetta “cancel culture” contemporanea, per motivi in parte simili e in parte no a quelli contemporanei, con azioni simili a quelle di oggi – cioè con spinte dal basso e decisioni dall’alto della struttura politica. Due esempi eminenti e apparentati  riguardano i gruppi statuari creati a metà Ottocento da Luigi Persico, Discovery of America (1844), e da Horatio Greenough, Rescue (1853). Commissionati dal Congresso degli Stati Uniti nel 1836, furono collocati in maniera molto visibile ai due lati della scalinata principale esterna del Campidoglio. Avevano a che fare con l’idea di America e con l’atteggiamento degli americani di origine europea nei confronti della popolazione nativa, e non sono invecchiati bene.

Discovery of America, il monumento creato da Persico (uno scultore nato a Napoli, dove manteneva uno studio), rappresenta un Cristoforo Colombo solido e muscolare, vestito da conquistatore, body armor e tutto, che con la mano destra tiene ben sollevato in alto un globo terrestre, un po’ come ci giocasse a bowling. Accanto a lui una donna indiana semi-nuda guarda incredula e intimorita il suo scopritore. Colombo domina in trionfo, la donna indiana si ritrae in soggezione e paura. Il potere è esibito crudamente, la differenza di genere e di abbigliamento (uomo vestito, donna  nuda) accresce l’impatto del messaggio. Era questo un tema popolare nell’Ottocento, connesso all’idea di destino manifesto, al processo di espansione territoriale verso il West, alla “scoperta” del continente da completare, alla resistenza delle nazioni indiane alla prospettiva di essere scoperte, alla loro espulsione dai territori ancestrali. Queste connessioni sono evidenti all’analista di oggi e lo erano ai contemporanei, furono fatte in modo esplicito dai lodatori dell’opera. 

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Il monumento creato da Greenough (scultore americano con studio a Firenze) fa un passo avanti. Rescue, cioè soccorso, salvataggio, racconta quello che succede dopo la scoperta, e cioè lo scontro violento fra i pionieri europei e i nativi. L’ispirazione del gruppo è classica, rimanda al Laocoonte vaticano. L’indiano, semi-nudo anche lui, minaccia di morte o rapimento la famiglia, madre e figlio, dei nuovi venuti. Il pioniere bianco (qualcuno lo idenficò con il leggendario frontiersman Daniel Boone) ferma l’attaccante con energia e tranquilla sicurezza, lo domina in statura, così salvando i suoi cari. Il gruppo fu composto e installato in pubblico dopo la morte dello scultore, secondo alcuni l’intenzione autoriale era quella di collocare madre e figlio in primo piano, sotto la diretta minaccia del tomahawk. Le storie di donne bianche rapite dai nativi erano piuttosto diffuse, un vero e proprio genere nella letteratura popolare e nelle illustrazioni, ed è probabile che si alludesse a questo. Il rapporto di potere è ancora una volta nitido, così come quello fra civiltà bianca, qualcuno allora disse “anglo-sassone”, e primitiva barbarie nativa.

Nel Novecento gli atteggiamenti bianchi nei confronti dei nativi cambiarono, e i nativi stessi fecero sentire le loro voci tramite i movimenti per i diritti civili. Ci furono proteste e petizioni che arrivarono fino al Congresso. A cominciare dal 1939 varie risoluzioni furono presentate ma non approvate alla Camera. Chiedevano in particolare la vera e propria distruzione del Rescue di Greenough, “che ora disonora l’ingresso al Campidoglio”, come atto di riparazione per il “nostro passato barbarico”; sarebbe stato opportuno erigere, invece di questo “gratuito insulto”, un monumento a un grande leader indiano. Negli anni Cinquanta il National Congress of American Indians riprese l’iniziativa di lobby. Una attivista Oglala di nome Leta Myers Smart condusse una campagna personale di lettere aperte a giornali, riviste, legislatori. Un argomento forte era diventato che statue del genere erano anche cattiva propaganda per l’America e l’americanismo, erano doni alla propaganda del nemico.

Nel 1958 si presentò l’occasione rara, utile e pratica. Nella capitale si cominciava a sentire il peso di troppi monumenti, spesso brutti e dedicati a persone che meglio di no, di cui era di fatto impossibile sbarazzarsi; la città rischiava di assomigliare a un cimitero. Un esteso restauro del Campidoglio portò alla rimozione di tutte le decorazioni della facciata. Alla fine dei lavori quasi tutte furono sostituite da duplicati che tornarono al loro posto. Invece Rescue e Discovery of America non tornarono mai più, la commissione che gestiva le operazioni decise di lasciarle nei depositi, non restaurate. Scomparvero in silenzio, insomma. Per la gioia delle persone dotate di “sensibilità artistica”, anticipò l’umorista Russell Baker. Più probabilmente perché sgradite ai discendenti di chi le aveva volute, che ora desideravano solo dimenticare. E magari non volevano fare brutta figura sulla scena globale della Guerra fredda.

Già, fra l’altro, si trattò del primo Cristoforo Colombo a cadere, e per mano del Congresso, mica di un vandalo verniciatore.


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Discovery (a sinistra) e Rescue (a destra) in questa fotografia dell’insediamento di Lincoln nel 1861 

Categorie:Americanismo, Memorie

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