L’altra star del dipartimento di storia di allora, a Madison, era George Mosse. Anche lui come Harvey Goldberg in storia europea, anche lui insegnante carismatico con classi affollate e devote, se ricordo bene nelle stesse grandi aule di Agriculture Hall (vedi il mio post precedente). Anche lui ebreo, ma non, come Goldberg, figlio di immigrati del New Jersey, bensì emigré di facoltosa famiglia altoborghese, fuggito dalla Germania nazista giusto in tempo prima che i confini gli si chiudessero addosso. Anche Mosse come Goldberg era omosessuale, più di Goldberg riservato, in verità (allora) nascosto.
Nel caso di Mosse non ho ricordi personali diretti delle sue classi. Avevo un sacco di cose americane di cui occuparmi, e la volta che pensai di fare l’uditore con lui, tanto per vedere, scoprii che era in visita a Hebrew University a Gerusalemme (è possibile che stesse dando gli ultimi tocchi a La nazionalizzazione delle masse). Ma forse c’era qualcosa di più, di più stupidamente automatico, nella mia pigrizia, nella mia mancanza di una insistente curiosità. Fra gli studenti c’erano i “Mosse people” e i “Goldberg people” e io chiaramente appartenevo alla seconda fazione.
George era infatti la star “moderata”, la campus celebrity alternativa al radicale Harvey. Per molti versi i due facevano gli sparring partners l’uno dell’altro dalla rispettive cattedre. Giocavano sui loro ruoli, anche se poi, in alcuni momenti cruciali della tormentata vita politica dell’università di quegli anni, si ritrovarono entrambi a essere fra i pochi interlocutori credibili degli studenti in rivolta.
Scrive Mosse nel suo memoir del 1999, Confronting History:
Lui mi piaceva, ma non la sua politica o la storia che insegnava, e io per lui ero un reazionario che viveva nei sobborghi. Ciò nonostante, siamo stati per molti anni buoni amici. […] Già allora Harvey Goldberg era, ai miei occhi, l’esempio vivente di un atteggiamento politico che apparteneva al passato. E tuttavia, alla fine, ha contribuito più lui alla produzione di menti critiche di tanti miei colleghi mainstream e “non controversi”. C’erano parecchi studenti che volevano ascoltare sia Mosse che Goldberg, e la netta differenza fra noi due, mi piace pensare, deve aver dato loro materia su cui riflettere.
Il senso comune che assorbivo da racconti e ricordi era questo: mentre Goldberg era il predicatore hot, Mosse era il provocatore cool. Due tipi di insegnanti, due stili di insegnamento critico.
Nel campus ancora conservatore dei primi anni 1960s Mosse provocava gli studenti con domande da sinistra, nel campus rivoluzionario (soprattutto a storia) della fine degli anni 1960s li provocava da destra. L’importante era incrinare l’ortodossia prevalente.
“Questo corso”, diceva, “è concepito per liberarvi dagli slogan, dai vostri slogan”.
In una graphic novel sulla sua vita (ebbene sì, c’è una graphic novel sulla vita di George Mosse) c’è una tavola che illustra i due ruoli opposti che Mosse si era assegnato nel decennio, prima e dopo la rivoluzione.
In un’altra graphic novel su Madison negli anni 1960s (ebbene sì, etc., d’altra parte Madison in the Sixties è diventato un genere letterario, memorialistica eroico-esistenziale) ci sono due tavole che illustrano invece i ruoli opposti assunti dai due uomini, l’ironico George con pipa e l’arruffapopolo Harvey.
La faccenda dell’omosessualità, o meglio la difficoltà del coming out, era per entrambi assai delicata. Così la racconta Mosse in Confronting History, a coming out avvenuto:
Sapevo davvero poco della vita dei miei colleghi. Abbastanza tipicamente, sapevo che Harvey Goldberg condivideva le mie preferenze sessuali, ma di queste cose non parlammo mai. Il gay liberation movement aveva fatto grandi passi in avanti, e tuttavia il tabù era troppo forte, difficile da rompere da parte sua come da parte mia. Harvey Goldberg uscì allo scoperto una volta sola, nel 1975, quando fece la voce narrante in un film della tv pubblica sulla scena gay di Madison dal titolo The Gay Response. Ciò richiese più coraggio di quanto ne avessi io a quel tempo. L’età delle rivelazioni personali non era ancora arrivata.
Goldberg morì nel 1987, Mosse nel 1999. Nel Forest Hill Cemetery sono sepolti l’uno accanto all’altro. I due cippi, nella loro estrema sobrietà, dicono tutto quello che, uno s’immagina, i due uomini avrebbero voluto dire di se stessi e delle loro differenze. Harvey Goldberg è “Teacher, historian, political activist”. George Mosse, arrivato dopo, scegliendo di essere lì, sceglie anche di essere solo “Historian”.
¶
A proposito di Madison in the Sixties, nel 2018, con la scusa del cinquantenario, c’è stata in città una grande riunione di ex studenti di allora, della sinistra radicale ça va sans dire,intitolata appunto The Madison Reunion: Conference on Madison in the 1960s (qui). Le registrazioni video dei molti panels tematici sono facilmente disponibili nel sito linkato qui sopra, quelle che ho visto sono tutte un mix di analisi e testimonianze, di celebrazioni e autocritiche, di nuovi giuramenti all’azione (in pieno regime Trump), spesso chatty e divertenti. Alcune sono rilevanti per questi miei post di memorie, di certo The Legacy of George Mosse e Talking Harvey Goldberg, ma anche Tikkun Olam (perché tanti ebrei vennero a UW-Madison). Nel complesso si è trattato, mi sembra, di una grande festa generazionale (un migliaio i partecipanti, chiamati a raccolta da Judy e Ben Sidran) di una generazione che ha ormai una certa età ma che ai miei occhi di (quasi) coetaneo continua ad avere le facce e il body language di quando eravamo tutti poco più che ragazzini.
- Tutti da Harvey venerdì sera (a lezione di storia)
- Le dimensioni contano (a proposito della disputa sindacale Amazon in Alabama)
Categorie:Memorie, Memory lane, storiografia
Tag:George Mosse, Harvey Goldberg, Madison, University of Wisconsin