L’ipotesi di Medicare for All alla Bernie Sanders, cioè di un sistema sanitario nazionale pubblico, unico e gestito dallo stato, sta rendendo nervosi molti leader sindacali? Pare di sì, a leggere certe prese di distanza e anche marce indietro, di cui magari mi occuperò meglio in un’altra volta. Qui resto sulla cronaca della stagione delle primarie appena iniziata: in Nevada, in vista delle primarie o meglio dei caucuses del 22 febbraio prossimo, ha parlato il sindacato Culinary Workers Union, e non ha fatto un piacere a Bernie, e nemmeno a Elizabeth Warren. La questione è quella del futuro della assicurazione sanitaria privata del sindacato, molto buona, la migliore dello stato si dice (un paio d’anni fa ha anche aperto una sua clinica). Che copre 130.000 persone, i 60.000 union members e i loro famigliari. E che si teme verrebbe abolita se vincessero i sostenitori di quel tipo di Medicare for All.
Il sindacato è contrarissimo.
La Culinary Workers Union organizza i lavoratori dei ristoranti, degli alberghi, dell’aeroporto, ed è una influente forza politica elettorale in uno stato che vive di quelle cose lì, turismo soprattutto, fra Las Vegas e Reno. E’ anche uno dei nuovi sindacati dei servizi che organizzano la nuova classe operaia multietnica e multirazziale con un sacco di ispanici e neri. E con molte donne. Una sua leggendaria dirigente e leader di leggendari scioperi degli anni 1990s fu l’afro-americana Hattie Canty. L’attuale presidente è Geoconda Arguello, nata a Managua, Nicaragua. La CWU è molto attiva nel partito Democratico, nel passato ha endorsed Obama contro Hillary Clinton nelle primarie del 2008, e nessuno dei due contendenti, Hillary o Sanders, nelle primarie del 2016 – ma certo Hillary alle elezioni generali.
Ora il sindacato ha pubblicato un volantino in inglese e spagnolo che compara i punti più sensibili dei programmi dei candidati Dem – che, come si conviene, son venuti in massa a rendere omaggio nel suo quartier generale e a vendere ciascuno le proprie ricette. E questi punti sono tre. Su due i candidati stanno più o meno sullo stesso piano: diritti degli immigrati e diritti sindacali (sui quali si dice qualcosa in più a favore di Amy Kobluchar). Sul terzo punto ci sono differenze: chi protegge la nostra assicurazione sanitaria, Culinary Healthcare? Molti la proteggono, visto che prevedono un Medicare for All volontario, tranne due che vogliono eliminarla e sostituirla d’autorità. E sappiamo bene chi sono i due: Warren, che lo farebbe un po’ più gentilmente, nel giro di tre anni (o dopo un nuovo contratto collettivo), e soprattutto Sanders – senza indugi, o così pare.
La questione dell’assicurazione sanitaria è assai delicata.
E’ ovviamente problematica per chi non ce l’ha. Ma politicamente lo è anche per chi ce l’ha già. Una vecchia storia, che a suo tempo, settanta anni fa, contribuì ad affossare i tentativi di introdurre un sistema sanitario pubblico più esteso, potenzialmente universale. Era questa, a guerra finita, l’intenzione del presidente Truman e dell’ala newdealista del partito Democratico. Con un progetto di legge preparato dal senatore di New York Robert Wagner e dal deputato del Michigan John Dingell.La loro riforma prevedeva una specie di public option, una assicurazione pubblica gestita dal governo federale, aperta a chiunque lo volesse, ma opzionale. Chi ne aveva la possibilità e il desiderio avrebbe continuato a sottoscrivere i propri piani privati o aziendali.
Il progetto fu abbattuto in Congresso dagli attacchi concentrici dei Repubblicani e dei Democratici del Sud, degli interessi farmaceutici e di molte associazioni professionali, a cominciare dalla American Medical Association. La AMA sfruttò la paranoia anticomunista della nascente guerra fredda per mescolare le carte e mentire sulla misura: bollandola come medicina socializzata obbligatoria cioè socialista cioè comunista. Anticipò la retorica maccartista accusando i funzionari della Casa bianca che se ne occupavano di essere “seguaci della linea di partito di Mosca”. E alla fine, alla fine degli anni 1940s, ebbe partita vinta.
La sconfitta non parve allora definitiva, ma in prospettiva lo fu. Anche perché nel frattempo i ceti medi e gli operai più organizzati svilupparono le loro assicurazioni private.I sindacati ebbero in questo un ruolo cruciale. Avevano offerto il principale sostegno popolare alla riforma, ma a quel punto si stancarono di aspettare e cominciarono a negoziare piani assicurativi aziendali nell’ambito della contrattazione collettiva. Ottennero benefici piuttosto generosi per sé e si disinteressarono del destino delle politiche pubbliche in proposito. Mentre i lavoratori più deboli e non organizzati, non avendo capacità di influenza né economica né politica, rimasero fuori da ogni protezione.
Fu così che le assicurazioni sanitarie private per molti ma non per tutti ostacolarono la possibilità di assicurazioni sanitarie pubbliche per tutti.Ed è così che questo nodo continua a essere ancor oggi un serio problema politico – non solo di lobby o interessi oscuri o Big Pharma ma anche di reale consenso popolare, una volta che si passi dalle affermazioni di principio al nitty gritty dei cambiamenti concreti da intraprendere, alla bilancia fra quello che sicuramente si perde e quello che, chissà, si guadagnerebbe. Ciò vale per chiunque abbia voluto o voglia mettere mano alla faccenda – gli epic fails dei Clinton negli anni 1990s, il miracolo di agilità di Obamacare, ora le proposte decise di Bernie Sanders e quelle più tentennanti di Elizabeth Warren.
- Che cosa è una brokered convention e perché già ne parlano i Democratici
- Gatto Dado e la democrazia di prima (apologo)
Categorie:Elezioni, Labor movement
Tag:Assicurazioni sanitarie, Bernie Sanders, Culinary Workers, Elizabeth Warren, Medicare for all, Nevada caucus