Ormai un mese fa abbiamo trasferito le ciotole con i crocchini dei gatti dal balcone esterno a un localetto interno (venivano i piccioni a far lauti pasti, portavano anche i parenti più lontani). Gatto Dado continua a non darsene pace, all’ora dei pasti si fionda sul balcone e lì si siede in attesa, miagolando affamato.
Virilmente cocciuto.
Nel frattempo le ciotole interne si riempiono di crocchini rumorosi, da far drizzare le orecchie, in attesa anche loro. Dado è stato più volte invitato alla nuova mensa, spinto anche, trascinato, e solo ora, dopo un mese, quando il digiuno morde ma morde davvero – si avvia a orecchie basse e finalmente mangia qualcosetta.
E’ chiaro che nella sua testa, ma cosa gli dirà il cervello, c’è il rifiuto del misero presente, la memoria scintillante di un’età dell’oro che non riesce a ritrovare, di cui lamenta la dipartita, un po’ come la #DemocraziaDiPrima per molti di noi. Allora sì che…, oggi invece… (allora c’erano i piccioni che lo terrorizzavano, assai poco virilmente, il meschino, ma se l’è dimenticato).
Gatta Nena c’ha messo sei ore, da un pasto all’altro, a imparare la nuova strada, a capire che il mondo è cambiato, e in meglio (non ci sono più i piccioni a rompere le balle, e anche quel rompiballe di Dado arriva molto in ritardo e di malavoglia, quando lei ha già mangiato in santa pace).
Sarà che è femmina.
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