Nel fatidico 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra, adottarono la leva obbligatoria e, fra gli altri, arruolarono alcune centinaia di migliaia di giovani afro-americani. I reparti neri parteciparono alla spedizione in Europa per combattere il nemico straniero. Il loro primo incontro e scontro con il nemico, tuttavia, lo ebbero in patria, nel cuore del Texas. E’ qui che furono aggrediti dal razzismo e dalla segregazione Jim Crow. E reagirono. Ci furono perdite da entrambe le parti, in questa guerra di razza. Ma i combattenti neri, che portavano la divisa dell’esercito, erano degli ammutinati. Finirono così in corte marziale, diciannove di loro sul patibolo, alcune decine all’ergastolo.
Non fu una scelta saggia quella delle autorità militari. L’invio di un battaglione all-black, parte del 24° reggimento fanteria dei celebri Buffalo Soldiers, a Houston, Texas, fu un disastro. Dovevano fare la guardia alla costruzione di un nuovo campo di addestramento appena fuori città, Camp Logan. Ma fin dal loro arrivo, nel luglio 1917, in quanto neri in divisa e armati, con le armi e le insegne dello Zio Sam, furono considerati una provocazione vivente, una sfida all’ordine razziale. I cartelli “Whites Only” e gli insulti razzisti dei residenti bianchi erano, d’altra parte, una provocazione costante per i soldati neri che pensavano di aver acquisito dei diritti servendo il paese in guerra.
E che erano i gloriosi Buffalo Soldiers, che diamine.
Ci furono dunque tensioni con la polizia locale, con i conduttori dei tram segregati, con gli stessi operai bianchi che stavano allestendo il campo e non volevano dei “negri” attorno. Alla fine di agosto la situazione precipitò. Un primo soldato fu aggredito, fatto segno di colpi di pistola, arrestato, per aver difeso una donna di colore picchiata da un agente bianco; un secondo subì lo stesso trattamento per aver chiesto informazioni sul primo. Circolò la notizia (rivelatasi poi falsa) che ci fosse scappato anche il morto. Un gruppo di commilitoni decise che la misura era colma e che era venuto il momento di difendersi, di farsi giustizia da sé.
La sera del 23 agosto circa 150 soldati sfuggirono al controllo degli ufficiali bianchi, presero armi e munizioni e iniziarono una disordinata marcia verso Houston – una marcia che ricorda quelle disperate, brevi e sanguinose delle rivolte degli schiavi di un secolo prima. Nel buio e nella pioggia cercarono gli agenti picchiatori, spararono alle case, alle finestre illuminate, alle automobili, a un ufficiale della Guardia nazionale che passava di lì per caso. Ci furono in tutto 17 morti, parecchi civili, quattro poliziotti. Poi la furia si esaurì, i soldati tornarono al campo.
Il sergente che li aveva guidati, Vida Henry, si suicidò.
La corte marziale per ammutinamento e omicidio si riunì nei mesi successivi nella vicina San Antonio. Le sentenze, in tempo di guerra, furono durissime. I primi tredici condannati a morte furono impiccati il 10 dicembre, mentre in una quarantina furono condannati all’ergastolo. Seguirono altre corti marziali e altre condanne all’inizio del 1918. Il presidente Wilson commutò alcune sentenze capitali in carcere a vita, ma affermò la legalità dell’operato. Altri osservatori e le associazioni per i diritti civili affermarono che molti condannati non erano stati identificati oltre ogni possibile dubbio, nella confusione, nel buio e nella pioggia. Si era andati un po’ così, all’ingrosso.
Cento anni dopo, l’inverno scorso, i discendenti di tre degli impiccati hanno chiesto al governo, al dipartimento di Giustizia e al presidente Trump, un perdono postumo, perché i condannati non godettero del due process, ebbero piuttosto un “processo difettoso”. Per dire, nella prima corte marziale ebbero un unico avvocato per tutti, e senza la possibilità di ricorrere in appello. Il processo, si dice, fu legale secondo gli standard del tempo, ma ingiusto, unfair. D’altra parte era assai difficile allora per un nero avere giustizia, in Texas, nel Sud, e anche nell’esercito degli Stati Uniti. Ed è inutile ricordare come tutto ciò risuoni con le tensioni razziali dei nostri giorni.
Alla fine dell’agosto di quest’anno, nei giorni precisi del centenario, Houston è stata colpita dall’uragano Harvey. Durante i successivi lavori di pulizia si è scoperto che una targa storica che ricorda l’evento nel luogo in cui sorgeva Camp Logan è stata vandalizzata con della vernice rossa. La parte danneggiata riguarda alcune righe che riconoscono un motivo politico ragionevole, e nobile, ai protagonisti e ai condannati di allora. Dicono queste righe, “La rivolta armata dei soldati neri del 23 agosto 1917 contro le leggi Jim Crow e le prevaricazioni della polizia ha prodotto il più noto episodio del campo, lo Houston Mutiny and Riot of 1917”.

Largest Murder Trial in the History of the United States. Scene during Court Martial of 64 members of 24th. Infantry U.S.A. on trial for mutiny and murder of 17 people at Houston Tex. Aug 23, 1917.
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Categorie:Diritti civili
Tag:1917, afro-americani, Buffalo Soldiers, Houston race riot, Jim Crow