
Il sergente La David Johnson con la moglie Myeshia in una foto da Facebook (da Stars and Stripes, 18 ottobre 2017)
Nei linguaggi patriottici americani c’è una frattura che riflette altre fratture del paese, e che crea problemi di comunicazione. Ho l’impressione che ce ne sia un piccolo esempio nel recente imbroglio che riguarda la telefonata di condoglianze del presidente Trump alla vedova di un soldato caduto in azione – e il significato delle sue parole in questa occasione.
La telefonata ha raggiunto la signora in macchina mentre era diretta all’aeroporto di Miami, dove l’attendeva la bara con il corpo del marito, ucciso alcune settimane fa, insieme a tre commilitoni, in un agguato in Niger. Era accompagnata da un’amica di famiglia, la deputata democratica Frederica Wilson, che ha ascoltato parte della conversazione in viva voce e ne ha parlato in pubblico. Secondo Wilson, Trump avrebbe detto che il marito “knew what he signed up for” – sapeva a cosa andava incontro quando aveva firmato da volontario. Non è una cosa che si dice a una vedova in lutto, ha aggiunto la deputata, denota mancanza di sensibilità.
Ora, a certi orecchi “he knew what he signed up for” può suonare un po’ come, be’, signora mia, è un inconveniente del mestiere, doveva (anzi dovevate) metterlo in conto, insomma quasi un cinico “se l’è andata a cercare”. Altro che mancanza di sensibilità, qui siamo alla crudeltà gratuita, allo scandalo. E infatti ci sono state reazioni scandalizzate.
Ad altri orecchi, tuttavia, soprattutto se conservatori, la frase può suonare diversamente.
Lo ha spiegato il capo di gabinetto di Trump, John Kelly, in una emozionata dichiarazione personale ai giornalisti nella sala stampa della Casa bianca. Kelly è un militare, un ex generale dei marines, e alcuni anni fa ha perso un figlio in guerra, in Afghanistan. Ha difeso con passione il senso della telefonata del suo boss dandone quella che per lui è l’interpretazione autentica, e in qualche modo assumendosene la responsabilità.
Il presidente, dice Kelly, mi ha chiesto che cosa poteva dire per esprimere le sue condoglianze. Gli ho detto, non c’è nulla che possa alleggerire il fardello di queste famiglie. E poi gli ho detto quello che un ufficiale ha detto a me quando ho perso mio figlio. E cioè che mio figlio, quando fu ucciso, stava facendo esattamente quello che voleva fare. Sapeva dei rischi che avrebbe affrontato unendosi ai nostri figli migliori, lo sapeva perché siamo in guerra. E quando è morto era circondato alla gente migliore del mondo, i suoi amici. Ecco che cosa ha cercato di dire il presidente, l’altro giorno.
Questo, aggiunge Kelly, è un sentimento difficile da capire nella nostra società, anche perché i soldati sono certamente i nostri figli migliori, “the best 1 percent”, ma sono estranei a gran parte di voi. Voi non li conoscete, non conoscete neppure qualcuno che li conosca. Sono volontari che proteggono il paese in un momento in cui sembra che nulla suggerisca che il servizio disinteressato alla nazione sia appropriato e doveroso. Ma è così che va.
Insomma, “he knew what he signed up for” può evocare l’atteggiamento eroico di chi è consapevole di assumersi un compito, anzi una missione che potrebbe costargli la vita. Un eroe di cui tutti dovrebbero essere orgogliosi, a cominciare dalla addolorata famiglia di cui Trump voleva l’altro giorno lenire il dolore. Altro che scandalo, dunque. Gli scandalizzati non capiscono il linguaggio della dedizione patriottica.
Due linguaggi in conflitto, dunque? Può darsi. In ogni caso sembra che si tratti di cose troppo complicate per Trump che, per non saper né leggere né scrivere, ha negato di aver usato quelle parole lì, ha parlato in un tweet di “a total lie”. E così, fra l’altro, ha di fatto smentito anche il suo appassionato capo di gabinetto.
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