
Unknown artist, around 1800. Courtesy Abby Aldrich Rockefeller Folk Art Museum
La tirannia che si esercita giornalmente (Note sulla Virginia, 1787)
Ci deve essere senza dubbio un’infelice influenza, sui costumi della nostra gente, prodotta dall’esistenza delle schiavitù. L’intero rapporto tra padrone e schiavo è un continuo esercizio delle passioni più esplosive: un irriducibile dispotismo da una parte ed una degradante sottomissione dall’altra. I nostri figli vedono, ed imparano a imitarlo, perché l’uomo è un animale imitativo: questa qualità è alla base di tutta la sua educazione. Dalla culla alla tomba impara a fare ciò che vede fare agli altri.
Il genitore si scatena, il figlio lo vede, coglie i tratti della rabbia, assume lo stesso atteggiamento quand’è in compagnia dei piccoli schiavi e dà sfogo alle sue peggiori passioni. Così allevato ed educato, non può che crescere segnato dalla tirannia che esercita giornalmente e che lascerà su di lui i suoi tratti odiosi. Dev’essere un vero prodigio l’uomo che riesce a conservare incorrotti, in simili circostanze, i suoi modi e la sua morale. E con quale esecrazione dev’essere segnato l’uomo di stato che, permettendo ad una metà del suo popolo di calpestare i diritti dell’altra metà, trasforma i primi in despoti e i secondi in nemici, distruggendo la morale di una parte e l’amor di patria dell’altra.
E può essere considerata sicura la libertà di una nazione quando viene rimossa la sua sola base sicura, la convinzione che questa libertà è un dono di Dio? Che essa non può essere violata senza scatenare la sua rabbia? Tremo veramente per il mio paese quando penso che Dio è giusto e che la sua giustizia non può dormire per sempre. Considerando anche soltanto i numeri e la natura delle cose, un cambiamento della ruota della fortuna, un mutamento della situazione è tra gli eventi possibili, addirittura probabili attraverso un intervento soprannaturale! L’Onnipotente non ha alcun attributo che possa portarlo dalla nostra parte in una simile sfida.
Avere il lupo per le orecchie (lettera a John Holmes, 1820)
Posso dire, con coscienza, che non esiste uomo al mondo che sacrificherebbe più di quanto farei io, per liberarci di questa pesante vergogna, in qualsiasi modo fattibile. La cessione di quel tipo di proprietà, perché è così che viene erroneamente chiamata, è una bagatella alla quale non penserei due volte, se, così facendo, si potesse realizzare una generale emancipazione ed un espatrio. Ed io penso che possa avvenire, gradualmente, e con i dovuti sacrifici. Ma, com’è adesso, abbiamo il lupo per le orecchie e non possiamo né tenerlo né con sicurezza farlo andare: la giustizia è da una parte e l’autoconservazione dall’altra.
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I testi originali (completi, qui sono un po’ tagliati) si trovano facilmente online. Ho preso le traduzioni italiane da Malcolm Sylvers, Il pensiero politico e sociale di Thomas Jefferson. Saggio introduttivo e antologia di testi, prefazione di Giorgio Spini, Lacaita Editore, 1993.
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