A Washington, e anche New York, il solito giro. E’ il gennaio del 2013. Dalle elezioni del giugno 2012 Syriza è il principale partito di opposizione, i sondaggi lo danno alla pari con Nuova Democrazia, potrebbe vincere le prossime elezioni sempre alle viste nella crisi greca. Alexis Tsipras fa questo viaggio americano per conoscere, farsi conoscere e rassicurare. Nella capitale incontra alti funzionari del governo (del dipartimento di stato e del tesoro) e del Fondo monetario internazionale, membri del Congresso e diplomatici, analisti e giornalisti. A New York parla all’università, a Columbia e CUNY, e a gruppi della comunità greco-americana. Il suo messaggio è: siamo un partito responsabile, non vogliamo uscire dall’euro e ripudiare il debito – ma rinegoziarne i termini.
Lo dice chiaro a un meeting della Brookings Institution, la più influente e centrista delle think tank. “Spero di avervi convinto che non sono pericoloso come alcuni pensano. Ma c’è davvero ragione di aver paura della sinistra in Grecia oggi? La persona che ha parlato prima di me dice che rappresento la sinistra radicale. Ma in che modo siamo davvero radicali? Chi vuole spaventarvi vi dirà che se il nostro partito va al potere strapperà gli accordi con l’Unione europea e con il FMI, porterà il paese fuori dall’eurozona, romperà tutti i rapporti della Grecia con l’Occidente civilizzato e poi trasformerà la Grecia in una versione europea della Corea del Nord.” In realtà “il nostro obiettivo è salvare il paese e tenerlo dentro l’eurozona”.
Tsipras cita Roosevelt, loda le politiche della Federal Reserve e dell’amministrazione Obama e i risultati da esse ottenuti. Li mette a contrasto, facendone un quadro anche troppo roseo, con i patimenti del suo paese. “Una delle cose che ho notato nei giorni che ho passato negli Stati Uniti è che l’America è un paese che non si trova in uno stato di depressione come la Grecia. Non ho visto fabbriche chiuse. Non ho visto facce tristi. Non ho visto segni di disperazione ovunque. L’America ha evitato la desolazione dopo il 2008. Avete certo pagato un prezzo salato a seguito della crisi del 2008. Ma avete evitato la depressione. Al contrario, la Grecia sta attraversando una depressione molto profonda. Non parlo di una profonda recessione; parlo di depressione”.
Un rapporto sul meeting preparato dagli organizzatori riassume le loro impressioni e quelle dell’uditorio. Sembra che le cose dette da Tsipras raccolgano solo per metà il consenso dei presenti. La metà buona, dove c’è accordo, è quella in negativo e riguarda la critica alle politiche europee di austerità. La metà non buona, meno convincente, è quella in positivo – il braccio di ferro che un futuro governo Syriza vorrebbe condurre con la troika. C’è il timore del contagio della crisi, anche sociale (scioperi ecc.), dalla Grecia al resto dell’Europa. C’è scetticismo sulle prospettive di crescita dell’economia greca, soprattutto se l’accento sulle politiche di tassazione dei ricchi dovesse tener lontano gli investimenti stranieri.
Ma un risultato è raggiunto. Il tipo piace, è giovane, attraente, sveglio, smart. Certo, scrivono gli organizzatori, il nome del suo partito (Coalizione della sinistra radicale) innervosisce gli americani, tanto più che si muove addirittura alla sinistra dei socialisti. Ma insomma. “In un paese in cui i leftists sono stati storicamente arruffapopolo, disposti alla violenza, aggressivamente anti-americani, Mr. Tsipras è apparso cordiale, affabile, pragmatico e desideroso di ascoltare i punti di vista americani. Ha senza dubbio delle forti inclinazioni ideologiche, ma ha anche dimostrato un genuino interesse ad ascoltare suggerimenti e persino critiche. Ha parlato con ammirazione degli appelli alla giustizia sociale del discorso del presidente Obama” – quello del secondo insediamento, che c’è stato il giorno prima.
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