Leggere i sette discorsi sullo stato dell’unione di Obama come i capitoli di un libro, di una storia a puntate: è un’idea che avrei voluto avere io e che invece ha avuto Peter Beinart su The Atlantic. Per cui mi limito a copiare, riassumere e ovviamente segnalare.
In questa storia, dal 2009 al 2014, ci sono due linee narrative molto precise. In politica interna, c’è un presidente che cerca di portare l’America dalla recessione verso la ripresa e, in prospettiva, una nuova prosperità. In politica estera, c’è un presidente che vuole disimpegnare l’America dalle guerre e dai pericoli, verso impegni meno onerosi e maggiore sicurezza. Nel 2015, l’altro giorno, la prima linea narrativa arriva a un lieto fine, la seconda a un collasso.
Il crescendo nella storia dell’economia è evidente. Dal paese a pezzi, e con la fiducia sotto le scarpe, del 2009 e del “difficile” 2010 si passa ai primi segni positivi degli anni successivi. Dalle scuse iniziali per le misure impopolari (gli aiuti alle banche) e penose (i tagli di bilancio) si passa alla rivendicazione orgogliosa dell’efficacia delle proprie politiche (di intervento) e all’ottimismo per il futuro. Nel 2015, l’altro giorno, la narrazione raggiunge il climax con una dichiarazione di vittoria: “l’ombra della crisi è passata, lo stato dell’unione è robusto”.
Il crescendo è evidente anche nella storia di politica estera. I ritiri di truppe da Iraq e Afghanistan sono annunciati e poi effettuati, sia pure fra molte difficoltà. E’ raccontata come un successo la lotta al terrorismo, focalizzata su Al-Qaeda, la sua leadership decimata, la sua struttura disarticolata. Nel 2014, finalmente, il paese è più sicuro e può pensare di “uscire dal sentiero di guerra permanente”. Ma qui nel 2015, l’altro giorno, c’è una svolta narrativa: la lotta al terrorismo non è finita. Il presidente non solo smette di dire agli americani che sono più sicuri. Ma quasi di sfuggita chiede al Congresso “una risoluzione che autorizzi l’uso della forza contro lo Stato Islamico”.
Insomma, dice Beinart, “dichiara guerra”. “Non è sorprendente che, sulla politica estera, Obama abbia dedicato tanta parte del suo discorso a Cuba. Chiaramente sperava a questo punto della sua presidenza di dichiarare vittoria non solo sulla recessione superata ma anche sulle guerre concluse. Ora, invece di finire delle guerre calde, deve accontentarsi di finire una guerra fredda”.
Categorie:Barack Obama
Tag:Barack Obama, Peter Beinart, SOTU, State of the Union
There are a little bit of thread hanging out but other than that, it is exactly the same.
James’ Park, Barrack Road, Newcastle upon Tyne,
Tyne and Wear NE1 4ST, UK. He coached the Washington Wizards
for only two seasons, after which he returned
to the networks as a commentator.
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