E’ troppo facile prendersela con le lobby dei venditori di armi, con la National Rifle Association. Le lobby fanno il loro mestiere, cercano di influenzare i legislatori e l’opinione pubblica spendendo i loro soldi prima, durante e dopo le campagne elettorali. Sono una voce potente, ma una fra le tante. Fra l’altro, esistono anche le lobby a favore del controllo delle armi, che fanno lo stesso mestiere, anche se hanno meno risorse e meno determinazione: sono state molto meno attive negli ultimi anni. E ci sarà un perché.
E’ troppo facile prendersela con il Secondo emendamento alla Costituzione, quello che dice – be’, è opportuno leggerlo tutto e ricordarne la data, 1791: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben regolata milizia, non si potrà violare il diritto del popolo di possedere e portare armi.” E’ appena finita la rivoluzione. L’emendamento vieta al nuovo governo federale, in odore di centralismo contro-rivoluzionario, di disarmare le milizie statali che hanno contribuito alla conclusione vittoriosa della lotta.
Possedere e portare armi è dunque il diritto, in effetti quasi il dovere civico, dei cittadini di continuare a difendere collettivamente la repubblica appena insediata – contro la reazione in agguato. Non è, all’origine, un diritto individuale. Lo è diventato, nel senso comune e infine sul piano giudiziario, nel corso del tempo, in particolare nel tardo Novecento. La Corte Suprema, per dire, ha fatto riferimento a questa interpretazione individualista per la prima volta in due sentenze, non dell’Ottocento ma del 2008 e del 2010.
E’ troppo facile prendersela anche con il senso comune, che è poi quello degli elettori. Come ignorarlo, per chi voglia essere eletto? I sondaggi dicono che gli americani favorevoli a leggi più rigorose sul controllo delle armi sono in netta diminuzione nell’ultimo ventennio. E sono una minoranza, consistente ma comunque sotto il 50%, malgrado l’accelerazione dei massacri. Dopo ogni massacro la percentuale sale, raggiunge un picco talvolta maggioritario ma poi, passata la tragedia, torna a scendere. Proprio come l’attenzione dei leader politici: lacrime per il sangue versato, poi di nuovo il silenzio.
Si capisce qualcosa di più disaggregando i dati dei sondaggi. Non tutti gli americani la pensano allo stesso modo. La difesa del diritto individuale di portare armi, dei gun rights si dice, è molto più aggressiva fra i bianchi che fra i neri e gli ispanici, fra gli uomini che fra le donne: ma è in crescita per tutti. Soprattutto, è fortissima, maggioritaria e in impennata fra gli elettori repubblicani (è arrivata a superare il 70% di consensi quest’anno). E’ molto minoritaria e stabile fra i democratici (sempre sotto il 30%).
E’ dunque una questione di partito? Qualcosa di più: è una questione di culture politiche in conflitto. E’ un aspetto dello scontro più ampio fra conservatori (sempre più conservatori) e liberal – sul ruolo che il governo deve avere nella vita dei cittadini, sul rapporto fra diritti privati e obbligazioni collettive, fra sfera individuale e big government. Non a caso le recenti sentenze della Corte suprema sono avvenute a stretta maggioranza, cinque giudici contro quattro, da parte della maggioranza conservatrice.
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