Due o tre considerazioni veloci a margine dell’articolo di Sabino Cassese sul Corriere della sera di oggi, a proposito della Corte suprema degli Stati Uniti dopo la sentenza sull’aborto (“Perché la corte USA ha sbagliato”, mi dispiace ma non ho un link utile al pezzo). Due o tre cose che dico da non-costituzionalista, da lettore storicamente curioso della prosa dei giudici supremi, che ha sempre sprazzi leggibili con profitto anche da parte dei laici.
Non mi pare che i giudici della Corte, cioè della sua maggioranza, neghino (come dice Cassese) il loro ruolo “supremo o finale” nel dire la legge secondo Costituzione – lo negano in questo caso specifico perché, a loro parere, non si sono pezze d’appoggio nel testo costituzionale e quindi il ruolo dei loro antichi colleghi che decisero Roe è stato troppo creativo, anzi “vergognosamente sbagliato” (secondo il giudice Alito nella opinione della Corte). Fra l’altro, così facendo, paradossalmente, ed è un paradosso che sta al cuore della filosofia legale conservatrice, il loro ruolo “supremo o finale” i giudici lo affermano alla grande: siamo noi ad avere l’ultima parola su quello che dice la Costituzione, e in questo caso diciamo che essa non dice niente.
Non mi pare che (come suggerisce Cassese) la Corte suprema dica che occuparsi della faccenda spetti ora ai cinquanta stati, punto e basta, buttandola un po’ sul “confederale”. Piuttosto, la Corte dice che spetta ai “rappresentanti eletti del popolo” (giudice Alito) e ai “rappresentanti eletti attraverso il processo democratico negli Stati e in Congresso” (il giudice Kavanaugh nella concurring opinion) – quindi anche al parlamento federale, se ce la fa. Si tratta di capire, per esempio, come i democratici intendano articolare una loro proposta di legge federale per “codify Roe” ora che Roe non c’è più, e se, naturalmente, una eventuale legge del genere possa passare il giudizio di costituzionalità di questa Corte. Questo è anche un problema politico, di volontà politica e di numeri in Congresso. Sostiene Cassese, con la sua autorevolezza, che è stato un “errore” delle forze politiche americane lasciare un tema così sensibile “soltanto” a una decisione della Corte… (Tendo a concordare anche se, dal mio studiolo, davanti al mio computer, mi trattengo dal provare a dire che cosa le forze politiche americane avrebbero dovuto fare, invece.)*
Infine, sì, la Corte sembra essere diventata un terreno di conflitti interni quasi parlamentari, invece di essere luogo ponderato di composizione dei conflitti stessi. In realtà nei momenti di grandi trasformazioni la Corte è sempre stata un luogo piuttosto rissoso – quando faceva sentenze “progressiste” che facevano inviperire i conservatori (Roe, per dirne una), e poi negli anni trenta, e intorno al 1900, e alla vigilia della Guerra civile (Dio non voglia dover rammentarre troppo quegli anni), e all’inizio dell’Ottocento quando si è inventata da sola questo ruolo di interprete suprema della Costituzione e quindi della legge. E’ così anche perché è stata disegnata così, e riformarla ora è impresa ardua. Scrivere costituzioni alla metà del Novecento, come quella italiana ricordata da Cassese, era un lavoro da late-comers, fondato su una esperienza secolare. Alla fine del Settecento era un lavoro sperimentale da first-comers, da absolute beginners.
Il risultato è che gli Stati Uniti sono oggi un paese vecchio, una polity liberale antiquata, una democrazia farraginosa, ottocentesca. E’ il prezzo che pagano per essere stati, una volta, un paese nuovo e per avere attraversato i loro cambiamenti di regime (che ci sono stati, e profondi) con l’illusione della continuità istituzionale. Ma qui sto andando fuori del seminato…
*Nel terzo capoverso ho fatto qualche integrazione rispetto alla prima versione del testo. E comunque a ulteriore integrazione e correzione aggiungo questo. Sì, “codificare Roe” è impresa difficile non solo dal punto di vista politico, cioè riuscire a mettere insieme una maggioranza in Congresso – alla Camera c’è, già ha votato in proposito, ma al Senato l’ostruzionismo repubblicano sembra insuperabile. E’ difficile soprattutto dal punto di vista costituzionale, cioè una legge del genere difficilmente superebbe un giudizio di costituzionalità di questa Corte. Gli argomenti che ho visto sono due. Il primo è questo: se per la Corte non esiste in Costituzione nulla che riguardi il diritto d’aborto, se il ragionamento su cui si basa Roe è fasullo, allora il governo federale non è autorizzato a legiferare in materia. Il secondo riguarda l’applicabilità solo marginale di un altro marchingegno storicamente usato per espandere i poteri del governo federale, cioè la Commerce Clause; è probabile che il Congresso possa fare una legge che vieti agli Stati di interferire con il diritto di una donna di viaggiare fuori dai confini statali per fare cose che non può fare nel suo stato, ma basta lì. Poi vediamo se c’è dell’altro.
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