Facebook mi ha ricordato che il 10 luglio del 2016 avevo postato questa fotografia diventata subito virale, un’immagine iconica del movimento Black Lives Matter. Come dimenticarla? Il contrasto fra i due poliziotti in maschia e pesante riot gear che, nella foto, sembrano aggredire la giovane donna nera, e la sua slanciata figura femminile, il vestito arioso e leggero, la calma vulnerabile e insieme statuesque, è irresistibile. Il conflitto fra la violenza dello stato militarizzato (e un po’ alieno) e la superiore moralità e bellezza di chi protesta, è rappresentato in maniera scandalosa e bellissima. Per chi guarda è un momento sospeso, di possibile imprevedibile trattenuta violenza, un cliffhanger si direbbe al cinema: cosa sta per succedere?
Siamo a Baton Rouge, la capitale della Louisiana, e sono in corso proteste perché qualche giorno prima la polizia ha ucciso un cittadino afro-americano, Alton Sterling, in uno di quegli incidenti che iniziano per futili motivi e finiscono nel modo che sappiamo. Nel frattempo un analogo incidente letale è avvenuto a St, Paul, in Minnesota, la vittima è Philando Castile. Sabato 9 luglio, di fronte alla stazione di polizia di Baton Rouge, c’è una manifestazione non autorizzata che blocca la strada; migliaia di persone dicono i giornali nazionali, con il solito uso distratto dei numeri, due o trecento persone dicono le fonti locali. Gli agenti escono e intimano di sgomberare, ci si guarda negli occhi per qualche momento e poi la la gente se ne va, qualcuno si trattiene a insultare e a dare il dito. E infine resta, sola e ferma in mezzo alla via, Ieshia Evans, venuta apposta dalla Pennsylvania per aiutare la causa. Ha deciso di farsi arrestare e aspetta l’arresto.
Il fotografo dell’agenzia Reuters che fa lo scatto della sua vita, Jonathan Bachman (qui), non fa solo questo scatto dell’evento. Ne fa una serie che è nota ma non così nota, e che ne smonta tutta la tensione drammatica. Come si può vedere dalle fotografie che seguono, la donna è fermata e tranquillamente accompagnata dietro lo sbarramento di polizia, e la cosa finisce lì. Un idillio civico, più che altro.
Sappiamo che Evans fu arrestata per infrazione stradale, passò una notte in carcere, e divenne una instant celebrity. La fotografia dell’arresto era perfetta per tutti. Ci andò a nozze Black Lives Matter, che ci fece bella figura con l’opinione pubblica generale, e quindi in stragrande maggioranza bianca. Ci andarono a nozze i media liberal bianchi, così condiscendenti. Ah, le virtù della disobbedienza civile, soprattutto se elegante, cool, good-looking, sexy. In effetti questo messaggio ignorava due cose. La prima è che la stessa Evans affermò (qui) che quell’episodio di resistenza pacifica non rappresentava tutta la sua filosofia, era anche a favore dell’auto-difesa militante, quando necessaria: “mi piacerebbe essere ricordata come una rivoluzionaria”. La seconda è che, volendo, c’erano altre fotografie scattate dallo stesso Bachman che potevano diventare – così iconiche no, missione impossibile per vari motivi – ma altrettanto informative.
Bachman racconta come stesse facendo fotografie alle prime file dei dimostranti quando la sua attenzione fu richiamata dalla giovane donna sola in mezzo alla strada. Bene, fra i dimostranti che stava fotografando c’erano questi: i militanti del New Black Panther Party (qui e anche qui ), venuti anche loro a dare una mano e, come si può ben vedere, vestiti in total black paramilitare e armati e mascherati (siamo nel 2016 eh, a pandemia ancora felicemente ignota). La Lousiana è uno stato open carry, e quindi ciò è del tutto legittimo; per dire, anche Alton Sterling, l’uomo ucciso dagli agenti all’inizio di questa storia, andava in giro con una pistola in tasca. E tuttavia la foto è ovviamente più drammatica e inquietante di quella celeberrima.
Un’ultima annotazione. Quando le immagini diventano iconiche possono essere studiate e in effetti lo sono per la composizione formale complessiva e la perfezione dei dettagli che ne definiscono la forza comunicativa. In questo caso, l’immagine è studiata dagli stessi protagonisti. Ecco a voi (qui) il fotografo Jonathan Bachman e la fotografata Ieshia Evans che, nel 2017, tengono un seminario su se stessi.
Le fotografie sono tutte Jonathan Bachman/Reuters, tranne l’ultima che è Andrew Kelly/Reuters
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