Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

Letture. Due mondi a parte

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Once Upon a Country: A Palestinian Life è l’autobiografia dell’intellettuale e attivista palestinese Sari Nusseibeh (scritta insieme a Anthony David), pubblicata nel 2007 da Farrar, Straus and Giroux a New York. C’è anche una edizione italiana, C’era una volta un paese. Una vita in Palestina (Il Saggiatore, 2009, traduzione di M.B. Piccioli), che non conosco e che non ho a disposizione. Qui traduco di mio un breve passaggio dalle primissime pagine, dal prologo dove Nusseibeh racconta come decise di scrivere questo suo memoir politico.

Durante il volo di ritorno a Boston [dopo i funerali di Arafat] la mia mente vagava fra l’eredità di Arafat e il futuro della Palestina da una parte  e il libro che stavo leggendo, il capolavoro di Amos Oz A Tale of Love and Darkness, dall’altra. […] Negli anni mi era capitato di conoscere Amos Oz alle manifestazioni per la pace e ai dibattiti fra intellettuali palestinesi e israeliani. Ci incontrammo la prima volta dopo che con [mia moglie] Lucy andammo in visita a casa sua nel Neghev nel 1978. La sua autobiografia mi aveva colpito per l’assoluta bellezza della lingua, ma ciò che l’aveva resa particolarmente toccante era stata la descrizione della sua infanzia negli anni Cinquanta.

Nato nell’anno in cui Hitler invase la Polonia, Oz aveva nove anni quando nel 1947 cominciò la guerra arabo-israeliana. La sua descrizione di una città parallela sull’altro lato del conflitto mi sorprese.

Da ragazzo, Oz sedeva sul pavimento del piccolo e buio appartamento dei genitori immaginando complesse strategie militari per difendere il popolo ebraico. Ma nella sua giovane immaginazione, animata dal ronzare degli aerei da caccia e da audaci incursioni attraverso le linee nemiche, non sapeva niente delle antiche strade acciottolate della Città Vecchia, o di Haram El-Sharif, il Nobile Santuario, dove Maometto aveva toccato terra con [il suo destriero alato] al-Burak. (Ebrei e cristiani conosconono il luogo come il Monte del Tempio.) Né poteva avere il minimo sentore della profonda convinzione di mia madre di essere stata terribilmente offesa da quello stesso movimento sionista a cui Oz doveva la vita. In effetti, proprio non ci sono arabi nella sua storia, né alcun accenno al mondo che conoscevo da bambino. Letteratura russa e dell’Europa orientale, sì, insieme a studiosi e storici ebrei, a Nietzsche, Marx e Freud – ma non le inquiete creature oltre il filo spinato di una città divisa. In cima ai pensieri degli ebrei c’erano i campi di sterminio nazisti a cui erano sfuggiti per un pelo.

Sono cresciuto a non più di trenta metri da dove ha vissuto Oz nella sua infanzia, proprio sull’altro lato della “Terra di nessuno” fortificata che era stata creata dopo la prima guerra arabo-israeliana.

Mentre riflettevo sull’assenza di arabi nell’esperienza infantile di Oz, mi venne da pensare alla mia esperienza. Che cosa sapevano i miei genitori del suo mondo? Sapevano dei campi di sterminio? Non erano entrambe le parti in conflitto totalmente immerse ciascuna nella propria tragedia, ciascuna inconsapevole o noncurante o persino ostile alla narrazione dell’altra? Non è questa incapacità di immaginare le vite degli altri al cuore del conflitto israelo-palestinese?

Sari Nusseibeh, professore di filosofia con studi a Oxford e un dottorato in filosofia islamica a Harvard, è stato per molti anni presidente dell’Università Al-Quds a Gerusalemme. Per alcuni anni è stato anche  rappresentante in città dell’OLP, esponente della prima Intifada, critico della militarizzazione della seconda Intifada, critico feroce di Hamas, considerato voce moderata e dialogante e quindi spesso un don chisciotte.

Nato a Damasco nel 1949, appartiene a una delle più antiche famiglie palestinesi, discendente da un capo tribale che accompagnò Maometto nel pellegrinaggio a Gerusalemme, presente in città da tredici secoli con importanti incarichi pubblici (fra cui quello di custodire le chiavi della Basilica del Santo Sepolcro), con legami di parentela con tutta l’aristocrazia e l’elite intellettuale della regione. Il padre è stato diplomatico e ministro nel governo del Re di Giordania e governatore di Gerusalemme dal 1963 fino alla Guerra dei sei giorni del 1967. 

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