La fantasia del grande vendicatore nero ha una storia lunga, e almeno un primigenio monumento immaginario. Nella Parigi illuminista e pre-rivoluzionaria della seconda metà del Settecento, la fantasia e il monumento sono evocati dallo scrittore Louis-Sébastien Mercier in un romanzo utopico di grande successo, pubblicato anonimo nel 1771 con il titolo L’An deux mille quatre cent quarante: Rêve s’il en fût jamais. (E’ uno dei best-seller proibiti di cui racconta Robert Darnton.) Il romanzo è ambientato nell’anno 2440, in un mondo completamente cambiato, in cui sono successe un sacco di cose. Una delle cose che sono successe è la ribellione e la conseguente auto-liberazione degli africani deportati nel Nuovo mondo, in tutte le colonie imperiali europee. Il protagonista viaggiatore-nel-tempo lo apprende incontrando nella città futura un grande complesso monumentale in marmo, piuttosto recente dice, e articolato intorno a due punti focali.
Il primo punto è dominato da una maestosa statua che raffigura l’Umanità circondata dalle nazioni europee, figure femminili che in ginocchio esprimono rimorso e chiedono perdono per i loro crimini di “più di venti secoli”. Preminente fra esse è la Spagna, orrida in marmo venato di sangue, colpevole di aver coperto “il nuovo continente” di milioni di cadaveri e di schiavi mutilati (“Sugli Europei al nuovo mondo: qual libro interessante potrebbe farsi!”). Nel secondo punto, poco più in là, c’è il magnifico monumento di un nero possente che è stato il capo della ribellione e della liberazione – il “vendicatore del nuovo mondo”, un “angelo sterminatore” che si è abbattuto con furia biblica sulla “atroce tirannia” della schiavitù. La sua “virtuosa vendetta” sui tiranni è descritta come un immenso e liberatorio bagno di sangue, con un generoso gusto splatter.
Il libro di Mercier ha anche una piccola storia americana. Ma prima è meglio leggerne le pagine sul monumento, tratte dalla traduzione italiana (qui) del 1798, L’anno due mila quattrocento quaranta: sogno di cui non vi fu l’eguale (stampata a Genova nell’Anno II della Repubblica Ligure, pp. 210-212).
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Io sortiva da questa piazza, quando a man destra io ravvisai su d’un magnifico piedistallo un Negro, colla testa nuda, il braccio teso, lo sguardo fiero, e l’atteggiamento nobile e imponente. Stavano intorno a lui gli avanzi di venti scettri, ed a’ suoi piedi leggevansi queste parole: Al vendicatore del nuovo mondo.
Io diedi un grido di sorpresa e insieme di gioja. Sì, mi fu risposto con una vivacità eguale al mio trasporto; la natura ha finalmente prodotto questo uomo meraviglioso, quest’uomo immortale che doveva liberare il mondo dalla tirannia la più atroce, la più lunga, la più insultante. Il suo genio, la sua audacia, la sua pazienza, la sua fermezza, la sua virtuosa vendetta sono state ricompensate; egli ha infrante le catene de’ suoi compatrioti. Tanti schiavi oppressi sotto il più odioso servaggio sembrava che non attendessero che un suo cenno per divenire altrettanti Eroi. Il torrente che atterra i suoi argini, il fulmine che cade, producono effetti meno pronti e meno violenti. Nell’istante medesimo versarono essi il sangue dei loro tiranni: Francesi, Spagnuoli, Inglesi, Olandesi, Portoghesi tutti sono stati preda del fuoco, del veleno, del ferro. Il suolo dell’America ha bevuto avidamente quel sangue, a cui da gran tempo anelava; e le ossa de’ loro antenati vilmente massacrati parve allora che si commovessero e trepidassero di gioja.
Que’ naturali hanno riacquistati i loro primitivi diritti imprescrittibili, poiché derivanti dalla natura. Questo eroe vendicatore ha reso libero un Mondo, da cui egli è riguardato come un Dio nel mentre che l’altro gli ha decretate corone, ed omaggi. Egli è disceso come un turbine che avvolge una città piena di delitti, e che co’ suoi fulmini la va atterrando. Egli è stato l’Angelo sterminatore, a cui il Dio di giustizia ha consegnata la sua spada; egli ha dato l’esempio che presto o tardi la crudeltà sarà punita e che la provvidenza tiene in riserbo certe anime forti che ella poi manda sulla terra per ristabilire l’equilibrio che l’iniquità d’una feroce ambizione ha potuto talvolta distruggere (a).
(a) Questo eroe risparmierà que’ generosi Quakeri, che or di fresco restituirono la libertà ai loro Negri: epoca memorabile e commovente che mi ha fatte versare delle lacrime di gioja, e che mi farà detestare que’ Cristiani che non ne imiteranno l’esempio.
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Dicevo della storia americana del libro. Nel 1772 è tradotto in inglese, con il titolo Memoirs of the Year Two Thousand Five Hundred (l’anno è semplificato in 2500, tanto che differenza fa). Negli anni 1790s è stampato anche a Filadelfia e a Richmond, in Virginia. Ma certo l’élite cosmopolita e rivoluzionaria dei nuovi Stati Uniti non aspetta le produzioni casalinghe. Una copia dell’edizione francese è nella biblioteca di Thomas Jefferson, una copia dell’edizione britannica è in quella di George Washington. Jefferson ne parla ancora in una lettera del 1817: “Mercier ci ha dato una visione del 2440; ma la profezia è una cosa, la storia un’altra”. Il suo riferimento è casuale, non riguarda la schiavitù; ma certo il linguaggio dell’europeo è in consonanza con il suo, e il bagno di sangue da lui evocato ritorna nei timori e terrori che Jefferson (lo schiavista Jefferson) esprime in privato. Fra l’altro, nel frattempo, un vendicatore nero autentico ha preso corpo nella colonia caraibica francese di Saint-Domingue: Toussaint l’Ouverture. Mercier, in effetti, ha visto un futuro non così lontano – in casa sua, nella Francia d’oltremare.
E poi c’è un’ultima curiosità, forse non così innocentemente curiosa. Leggo qui (Grégory Pierrot, The Black Avenger in Atlantic Culture, 2019) che una nuova traduzione in inglese appare a Londra nel 1797. E’ opera di Harriot Augusta Freeman, una donna che ha passato a Parigi gli anni più caldi della rivoluzione. E che sembra apportare una sola alterazione al testo originale, proprio a proposito del monumento al gran vendicatore del nuovo mondo. Ora descritto non come “the figure of a negro” ma come “the figure of an AMERICAN”, tutto maiuscolo. L’africano scompare, arriva l’americano. Chissà cosa le sarà passato per la testa.
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