Quelli religiosi sono servizi essenziali, durante il lockdown per una pandemia? Per molti americani religiosi e anche non religiosi, sì. Sono fonte di consolazione individuale, di senso di comunità, di speranza. Ma ciò non vuol dire che i templi debbano restare aperti, le funzioni di massa consentite, le liturgie con contatto fisico praticate. Ci sono cose che possono essere fatte a distanza, altre che possono essere fatte con prudenza. Come qualcuno ha ricordato, gli spazi fisici saranno chiusi ma la chiesa resta aperta nel cuore di ciascuno per la protezione di tutti. Non tutti i ministri di culto si sono comportati così, un po’ in tutte le fedi, cristiane e non cristiane, almeno non subito, non automaticamente, non senza qualche spintarella gentile o brusca.
Prendo a esempio le chiese cristiane evangeliche perché alcuni episodi hanno attratto l’attenzione dei media, e anche la mia. Moltissime hanno rispettato gli inviti (o gli ordini) delle autorità a evitare celebrazioni affollate. Ma ci sono stati anche pastori che hanno resistito a cancellare i servizi religiosi, o ad adattare la liturgia al social distancing. Una importante università evangelica, Liberty University, in Virginia, ha rifiutato di chiudere completamente il campus parlando di reazioni esagerate. Alcuni pastori di megachurch sono stati multati o arrestati per aver violato la quarantena (in Florida, in Louisiana). C’è chi insiste perché i fedeli continuino a stringersi le mani, e chi critica i colleghi che prendono precauzioni. Perché, si dice, le precauzioni nella casa del Signore non sono roba da veri cristiani, sono roba da codardi.
Un caso certamente radicale, ma non per questo privo di significato, è quello del tele-evangelista della Pennsylvania, Jonathan Shuttlesworth, uomo molto di destra. Che se l’è presa con le chiese, anche quelle cattoliche, anche quelle in Europa, che obbediscono alle direttive dei governi e sospendono le funzioni liturgiche di massa o anche solo qualche pratica. I cattolici che aboliscono l’acqua santa all’ingresso? “Che razza di acqua santa sarà mai, allora?” Il divieto di fare raduni religiosi è opera del demonio, dice. “Se vivessi in Italia convocherei una crociata all’aperto per pregare per i malati. Se poi devi andare in galera, vai in galera”. All’inizio di aprile ha promesso di farlo a casa sua, di organizzare un grande incontro religioso per Pasqua, all’aperto appunto, di richiamo nazionale, “tipo Woodstock”. E vada come vada.
Di fronte all’arresto a Tampa, in Florida, del pastore Rodney Howard-Browne dopo una funzione pubblica illegale, il reverendo Shuttlesworth ha twittato: “come in Germania nel 1938”. Dice: “Non mi vergogno che il Dr. Rodney sia stato arrestato. Mi vergogno del fatto che quando hanno voluto arrestare dei predicatori che fanno il loro dovere, nell’intero stato, ne hanno trovato solo uno da arrestare”. E a quelli che fanno volantini e avvertono di evitare i contatti fisici, oppure di usare un hand sanitizer entrando nel tempio, che cosa ha da dire? Che sono una frode, un inganno, diffusori di una fede falsa, di più: “Siete dei perdenti. Un mucchio di checche [pansies]. Senza palle. Siete stati evirati e neanche ve ne accorgete”.
Tutto questo, in questa forma, ha scritto un commentatore, sembra il vangelo secondo Conan il Barbaro. Ma è anche il prodotto estremo di una concezione della Christian manhood come maschilità muscolare e anti-statalista che ha avuto una enorme influenza nei movimenti evangelici conservatori bianchi dell’ultimo mezzo secolo. Una concezione che si è plasmata sulle reazioni politico-religiose ai cambiamenti culturali degli anni settanta e ai femminismi, in nome dei valori della famiglia patriarcale, dei ruoli di genere visti come God-given, di un Gesù Cristo visto come un he-man militante, un tough guy, un macho, e del perfetto cristiano come creato a immagine e somiglianza di un Dio guerriero. E che si è incarnata politicamente all’interno del partito repubblicano, contrapposto a un partito democratico “femminilizzato”.
La tradizione si è rinnovata dopo l’11 settembre. Un celebre sermone del 2004 del reverendo Jerry Falwell Sr., il fondatore di uno dei più influenti movimenti evangelici degli anni settanta, Moral Majority, nonché della Liberty University di cui sopra, era intitolato God is Pro-War. E ha infine trovato un improbabile eroe nel libertino e platealmente estraneo a qualunque cosa religiosa Donald Trump. L’80 percento dei white evangelicals ha votato per lui. Sia Jonathan Shuttlesworth che Jerry Falwell Jr, l’attuale presidente di Liberty University (e figlio di babbo Senior), sono suoi accesi e attivi sostenitori. Il reverendo Shuttlesworth dice che gli Stati Uniti saranno protetti dalla pandemia perché Trump, a differenza di Obama, onora Israele.
(Ricavo un po’ di queste suggestioni interpretative da alcune cose della storica Kristin Kobes Du Mez, di cui si annuncia l’imminente pubblicazione di una lunga ricerca sull’argomento. Il titolo del libro annunciato è accattivante, Jesus and John Wayne, e me approprio qui. Immagino sia ispirato a una canzone country del 2008 del gruppo di musica cristiana Gaither Vocal Band.)
- Loved ones! Che cosa ha veramente detto Boris Johnson
- Gesù, John Wayne e la pandemia: seconda puntata
Categorie:Americanismo, religione
Tag:coronavirus, Evangelicals, Jesus and John Wayne, pandemia