“Vogliono costruire un muro sul confine per tener fuori i messicani – ma chi lo costruirà, il muro?”
Una decina di anni fa era una routine da standup comedians, da Carlos Mencia o da George Lopez (uno che poi ha creato la figura di Donaldo Trumpez, il DT messicano anti-yankee che celebra il generale Santa Anna che fa cagare nei pantaloni Davy Crockett alla battaglia di Alamo).
E la risposta era ovvia, paradossale, non c’era bisogno di dirla, era nelle risate del pubblico.
In quegli stessi anni, fra il 2006 e il 2007, la risposta fu data anche da un caso reale finito in tribunale e sui giornali. Un caso altrettanto paradossale.
Una impresa di costruzioni che, per conto del governo, aveva costruito un paio di chilometri di recinzione frontaliera per tener fuori gli immigrati clandestini, fu condannata in un tribunale federale di San Diego – per aver assunto immigrati clandestini.
La ditta si chiamava Golden State Fence Company. Con 750 dipendenti, di cui almeno un terzo senza documenti o con documenti falsi, aveva lavorato per mezza California meridionale, per committenti privati e anche pubblici: oltre che sul confine, aveva costruito recinzioni per due carceri per immigrati e per una stazione della polizia di frontiera, la Border Patrol.
Due suoi dirigenti furono condannati a sei mesi di detenzione domiciliare e a una multa di 300.000 dollari.
Il loro avvocato disse: sì, sono colpevoli, ma tutta questa faccenda dimostra che le imprese di costruzione hanno bisogno di un programma di guest-workers.
Sennò, chi lo costruisce il muro? E non c’è niente da ridere.
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