
Immigrants view the Statue of Liberty while entering New York harbor aboard an ocean liner en route to Ellis Island, New York City, 1910s. (Photo by Edwin Levick/Getty Images)
La sera del quattordicesimo giorno di navigazione fu illuminata dalle grosse palle infuocate che venivano sparate dai fari galleggianti. «Ora appare la statua della libertà» disse a Mendel Singer un ebreo che aveva già fatto questo viaggio due volte. «E’ alta centocinquantuno piedi, nell’interno è vuota, ci si può salire. Intorno alla testa porta un’aureola. Nella destra tiene una fiaccola. E il più bello è che questa fiaccola di notte è accesa, eppure non può mai consumarsi del tutto. Perché è solo illuminata elettricamente. Prodigi del genere fanno in America».
La mattina del quindicesimo giorno furono sbarcati. Deborah, Mirjam e Mendel stavano stretti l’uno all’altro perché temevano di perdersi.
Vennero degli uomini in uniforme, a Mendel sembrarono un po’ pericolosi sebbene non avessero sciabola. Alcuni portavano vestiti candidi e avevano l’aria per metà di gendarmi e per metà di angeli. Questi sono i cosacchi d’America, pensò Mendel Singer e guardò sua figlia Mirjam.
Furono chiamati in ordine alfabetico, ciascuno si accostò ai propri bagagli, non li trapassarono con aste acuminate. Forse si sarebbe potuto portare anche Menuchim, pensò Deborah.
Da Joseph Roth, Giobbe [1930], traduzione di Laura Terreni, Adelphi, 1977.
- Geografie politiche delle primarie americane, seconda versione con più mappe
- Archivio. Sadici ringraziamenti (1990)
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