E così sabato 5 dicembre il New York Times ha pubblicato un editoriale in prima pagina – per chiedere con solennità un maggior controllo sulle armi dopo la strage di San Bernardino, in California. L’ultima volta l’aveva fatto nel giugno 1920, quasi cent’anni fa, in un’altra epoca. (E quell’editoriale era una roba davvero ottocentesca, un pastone politico in cui si attaccava la scelta di Warren Harding come candidato repubblicano alla presidenza: la scelta sbagliata di “un rispettabile politico di seconda classe”, frutto della “codardia e imbecillità della cabala senatoriale” che ha gestito il congresso di partito, un partito di gente mediocre senza principi dominata dall’odio per Wilson e dall’amore per le poltrone. Naturalmente Harding fu eletto presidente.)
Nel Novecento i quotidiani rispettabili di lingua inglese, in genere, non mettono editoriali in prima pagina. Hanno una editorial page dedicata e ben distinguibile, dove fanno sapere l’opinione del loro editorial board sui principali eventi del momento. E l’editorial board è ben distinto dalla direzione delle news: persone diverse che fanno un mestiere diverso, gestiscono sezioni diverse del giornale, e non si consultano fra loro. Una cosa sono le notizie, un’altra le opinioni. Così è al New York Times, dove la separazione è radicale e leggendaria. Nella nuova sede disegnata da Renzo Piano a Manhattan, mi sembra di capire che persino gli spazi in cui si producono le due sezioni sono isolati, concepiti per impedire incontri casuali fra il personale, anche in ascensore.
La decisione di sabato scorso è stata così inusuale nella storia del Times che ha richiesto inusuali consultazioni interne e accorate spiegazioni pubbliche. L’editore e proprietario Arthur Sulzberger Jr. ha parlato con il direttore della editorial page Andrew Rosenthal e (rigorosamente separatamente) con il direttore esecutivo delle notizie, Dean Baquet. Ha poi emesso un comunicato per dire le sue ragioni. Tutto ciò è stato raccontato dallo stesso Rosenthal in un apposito articolo. Volevamo fare un powerful statement, ha scritto, e volevamo farlo sull’edizione a stampa, non su quella online, che pure è la più letta. Perché “the old-fashioned notion of a printed paper still has enormous power”. (Evviva il giornale di carta!)
Questo succede nei giornali rispettabili, appunto, come il Times, “The Gray Lady” che, fin dalla sua seconda nascita più di un secolo fa, aspira a essere uno strumento di lavoro “di qualità”, a vendere informazioni serie alle élite della città e del paese. Nel panorama della stampa “anglo-sassone” (ma si dice ancora così?), tuttavia, ci sono anche i giornali meno rispettabili, quelli che mirano a essere mezzi di intrattenimento, a vendere emozioni alle masse “popolari”. I tabloid insomma. E qui la distinzione va a farsi benedire. La prima pagina è spesso tutta un unico editoriale, sotto forma di grandi fotografie, fotomontaggi, giochi di parole, titoli sparati ironici, luridi o mascalzoni. Restando nella stessa città, basta dare un’occhiata al New York Daily News e al New York Post.
C’è anche da divertirsi, soprattutto che si è in sintonia con le simpatie politiche di ciascuno di essi, conservatrici quelle del Post, più liberal quelle del Daily News. Ecco alcune di queste front pages.
- Laicità al Bar Sport
- Innocenti all’estero. La tua identità religiosa non la decidi tu; la decidono gli altri anche se tu, innocentemente, pensi di non averla.
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