Il refrain (Guantanamera, guajira, Guantanamera) ha molto a che vedere con una ragazza, o meglio con una giovane contadina (guajira), della città di Guantánamo. E niente a che vedere con la base navale degli Stati Uniti che da più di un secolo occupa una parte della vicina Bahía de Guantánamo. Eppure la storia della canzone e della sua diffusione nel mondo, dei suoi cambiamenti, dei versi che alla fine sono diventati standard, ha parecchio a che vedere con le complicate relazioni fra Cuba e e l’ingombrante potenza del nord.
La melodia, con le due parole del refrain, è di origine popolare, ottocentesca, probabilmente della provincia di Oriente. Si cristallizza nel Novecento negli anni fra le due guerre, quando trova anche un autore pretendente, poi riconosciuto con una sentenza della Corte Suprema cubana. C’è una lite, sul copyright. Il vincitore è il celebre bandleader Joseíto Fernández, che la esegue spesso a una radio dell’Avana. I versi del testo parlano di corteggiamenti, di amori felici e infelici, di altri casi della vita; spesso sono improvvisati, si adattano all’ispirazione del performer, alle notizie del giorno – come accade appunto nelle canzoni popolari. Pare che vi siano anche allusioni satiriche alle donne di Guantánamo che fraternizzano troppo con i marinai yankee della base.
I versi standard di oggi sono di José Martí, e qui l’intreccio con le cose nordamericane si fa interessante. Sono tratti da quattro poesie di Versos sencillos (versi semplici), una raccolta pubblicata nel 1891 – a “Nueva York”. Dove Martí è in esilio da anni, in attesa di tornare a Cuba per partecipare al movimento indipendentista contro la Spagna, di cui diventerà eroe martire. Scrive durante un inverno passato nelle Catskill Mountains a respirare aria buona (gliel’ha ordinato il medico). Ma è un inverno, dice nel prologo al libro, “di angustia” sotto la “temibile aquila” yankee che, teme, vuole estendere gli artigli sul suo popolo. I suoi versi di allora sono adattati alla vecchia melodia nel secondo dopoguerra dal compositore Julián Orbón. Negli anni 1950s la nuova versione si diffonde nell’America latina, trainata dalla cantante cubana Celia Cruz (che ci aggiunge qualche parola di suo).
E’ a questo punto che Guantanamera approda, o per certi versi ri-approda, negli Stati Uniti. Così racconta Pete Seeger nella prefazione a una riedizione bilingue di Versos sencillos: “Come molti yankee ho ricevuto anni di ‘istruzione’ ma sapevo pochissimo della storia o della cultura dell’America latina. Quando cantavo a un campeggio infantile nelle Catskill Mountains nello Stato di New York, nel 1962, ho imparato da un giovane cubano, Héctor Angulo, la canzone che chiamavo ‘Guantanamera’. E’ stato l’inizio della mia vera istruzione. Ho capito che Martí era uno dei grandi poeti del mondo al pari di Shakespeare, Pushkin, Tagore, o il giapponese Issa. E poi una quarantina di anni dopo ho scoperto che Martí aveva scritto Versos sencillos nel 1890 – nelle Catskill Mountains, ad appena tredici miglia da dove avevo appreso della loro esistenza”.
E’ un momento politicamente delicato. C’è appena stata la violenta rottura fra gli Stati Uniti e la nuova Cuba di Fidel Castro. Ci sarà di lì a qualche mese, nell’ottobre 1962, la crisi dei missili con lo spettro della guerra nucleare. Pete Seeger adatta la canzone alle sue corde, la inserisce nel suo repertorio e la fa conoscere nel movimento pacifista americano. Invita il pubblico, come fa sempre nelle sue performance, a cantarla insieme a lui – ma a cantarla in spagnolo e non in traduzione, come segno di amicizia con il popolo cubano e per “affrettare il giorno in cui gli USA diventino un qualche tipo di paese bilingue”. La esegue in un concerto alla Carnegie Hall che diventa uno dei suoi album più popolari e più venduti, We Shall Overcome del 1963. E certo non è più l’unico a cartarla e a inciderla, fra i tanti folksinger del tempo.
Da lì Guantanamera spicca il volo nel mercato pop internazionale anglo, nel 1966 diventa un hit transatlantico – nella versione commerciale (in spagnolo con un recitativo in inglese) dei Sandpipers. Ma questa è un’altra storia. Non ha tuttavia mai perso una sua valenza politica. All’inizio del 2014 un movimento californiano che si batte contro la tortura e per la chiusura del carcere di Guantánamo ha prodotto un video in cui la melodia è arrangiata con altre parole, adatte allo scopo – come ai vecchi tempi. In qualche modo, la canzone torna a Guantánamo, nella baia di Guantánamo questa volta, a Gitmo.
I testi, in spagnolo e inglese
- Guantanamera, guajira, Guantanamera
- Guantanamera guajira, Guantanamera
- Yo soy un hombre sincero
- De donde crece la palma,
- Y antes de morirme quiero
- Echar mis versos del alma.
- Mi verso es de un verde claro
- Y de un carmín encendido:
- Mi verso es un ciervo herido
- Que busca en el monte amparo.
- Cultivo una rosa blanca
- En junio como enero,
- Para el amigo sincero
- Que me da su mano franca.
- Con los pobres de la tierra
- Quiero yo mi suerte echar:
- El arroyo de la sierra
- Me complace más que el mar.
- I am a sincere man
- From where the palm tree grows,
- And before I die I want to
- Pour out my soul in verses.
- My verse is light green
- And flaming crimson:
- My verse is a wounded deer
- Seeking refuge in the mountain.
- A white rose
- In June and January,
- For the sincere friend
- Who gives me his hand.
- With the poor of the earth
- I want to share my fate:
- The streams of the mountains
- Please me more than the sea.
Categorie:cultura di massa, Cultura politica, mass media
Tag:Guantanamera, Guantanamo, José Martí, Pete Seeger, Versos sencillos
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