Centodieci anni fa, nel 1904, il giovane reporter Lincoln Steffens pubblicò The Shame of the Cities (la vergogna delle città), un libro divenuto rapidamente celebre. Il volume era una raccolta di articoli di inchiesta sulla corruzione municipale nel paese, scritti per il mensile McClure’s Magazine. E Steffens apparteneva a una nuova scuola di giornalisti investigativi – che del frugare nel lato oscuro della vita pubblica stavano facendo una professione. Furono chiamati muckrakers, cioè rastrellatori di fango, di letame.
Il letame, il fango c’era tutto: scambi di favori fra uomini d’affari e politici legati ai partiti, bustarelle gonfie di denaro. Le solite cose, per molti versi. Il punto è che in quegli anni gli scandali esplosero in serie, tutti insieme, in tutto il paese, in maniera fragorosa e repentina. E che furono amplificati con toni più scandalizzati e scandalistici del solito dai mass media.
La “scoperta” della corruzione traumatizzò l’opinione pubblica. Trasmise la sensazione che il malaffare fosse diventato un vero e proprio “sistema” nazionale, onnipresente, perverso, pericoloso per la stessa democrazia. Le reazioni politiche e giudiziarie furono accesissine. Vi contribuirono, fra gli altri, alcuni district attorneys (procuratori, non giudici) che prima fecero le indagini criminali per conto dello stato; ma poi misero da parte le carte processuali e si lanciarono nell’arena elettorale per moralizzarla, iniziando interessanti carriere politiche.
Il grido che risuonava era “cacciate i furfanti!” – “Throw the bums out!”
Ma chi erano i furfanti? Intorno a questo interrogativo si giocò uno scontro politico sul controllo e sui fini del governo.
In The Shame of the Cities, Steffens non faceva sconti a nessuno. Tutti traggono vantaggio dal sistema, scrisse. In una maniera o nell’altra: partiti, uomini politici, amministratori, gruppi privati di interesse, cittadini ed elettori di ogni estrazione sociale, ricchi e poveri, nativi e immigrati. “Il malgoverno del popolo americano è il malgoverno da parte del popolo americano”. E ancora: “Il popolo non è innocente. Questa è l’unica vera ‘notizia’ di tutto il giornalismo contenuto in questi articoli”.
E tuttavia c’erano alcuni che erano più furfanti di altri: “in tutte le città, le classi migliori – i business men – sono la fonte della corruzione; ma essi sono così raramente perseguiti e presi con le mani nel sacco che non riusciamo a capire in pieno da dove vengano i nostri guai. Così nella stragrande maggioranza dei casi si accusano gli uomini politici e le classi più povere, ignoranti e depravate” che li votano.
Diverse attribuzioni di responsabilità implicavano risposte diverse al problema.
Secondo alcuni erano appunto gli uomini d’affari che si compravano la politica e saccheggiavano le risorse pubbliche. Era quindi necessario controllare i trust, regolamentare le lobby, rendere trasparenti le concessioni degli appalti pubblici, frenare la speculazione edilizia e sottrarre alla sua logica la crescita urbana, tassare le società per azioni per finanziare una più diffusa politica dei servizi.
Secondo altri, erano i politici di partito avidi e corrotti che imponevano tangenti per qualsiasi atto dovuto, e impedivano alle forze economiche di espandersi liberamente. Erano allora i partiti, le loro organizzazioni e le loro basi più fedeli e popolari, a dover essere controllati, ridimensionati, emarginati dalla vita pubblica.
Misure furono adottate in entrambe le direzioni. Nel complesso, tuttavia, fu la seconda direzione a prevalere, la tendenza anti-partito. La scoperta della corruzione diffuse l’immagine dei party politicians di professione e della politica di partito come cose sporche da cui rifuggire. Fece sì che la retorica dell’indipendenza dai partiti, propugnata da intellettuali e riformatori che si autodefinivano “progressisti”, e che fino allora era rimasta confinata nei salotti e negli editoriali della stampa d’élite, si estendesse a livello di massa, soprattutto fra i ceti medi.
Tutto ciò creò le condizioni favorevoli ad alcuni dei mutamenti politici e istituzionali più significativi avviati all’inizio del Novecento: la crisi degli apparati dei partiti, le elezioni primarie dirette, il depotenziamento degli organi rappresentativi legislativi a favore di quelli monocratici esecutivi (sindaci, governatori, presidente), l’emergere della democrazia del leader.
- Che ve ne sembra dell’America? Un sondaggio fra i miei studenti
- Il non-voto indebolisce il welfare universalistico
Categorie:partiti, Sistema politico
Tag:Corruzione, Lincoln Steffens, muckraker, riforme, riforme anti-partito, The Shame of the Cities