Non c’era solo la rivendicazione della libertà di parola, di espressione, dietro il Free Speech Movement che nacque a Berkeley all’inizio di ottobre del 1964, cinquant’anni fa. Inventando di fatto il movimento studentesco degli anni sessanta. C’era dell’altro. C’era una discussione già avviata, e un conflitto che stava assumendo toni infiammati, sul ruolo della nuova università di massa – delle sue strutture di insegnamento e ricerca, dei suoi studenti – nella società americana.
L’anno precedente Clark Kerr, il presidente della University of California di cui Berkeley era il campus più antico e prestigioso, aveva tenuto una serie di conferenze a Harvard, poi pubblicate nel libro The Uses of the University (1963). Vi delineava le caratteristiche di quella che definì non più university bensì multiversity: una moderna organizzazione burocratica dai molti scopi, una imponente “stazione di servizio” per i bisogni della società. Diceva Kerr:
L’università è attualmente chiamata a educare un numero di studenti prima inimmaginabile; a far fronte alle crescenti richieste del servizio nazionale; a fondere le sue attività con l’industria come mai prima d’ora […].
Caratteristica di questa trasformazione è la crescita dell’industria della conoscenza, che sta permeando di sé il governo e il mondo degli affari, e attraendo sempre più persone istruite a livelli sempre più alti di specializzazione. […] L’industria della conoscenza può essere per la seconda metà di questo secolo ciò che le automobili sono state per la prima metà, e le ferrovie per la seconda metà dell’Ottocento; e cioè servire come punto focale per la crescita nazionale. E l’università è al centro del processo della conoscenza.
L’università e molti segmenti dell’industria stanno diventando sempre più simili. Man mano che l’università si lega al mondo del lavoro, il professore – almeno nelle scienze naturali e in alcune delle scienze sociali – acquista le caratteristiche dell’imprenditore. […] I due mondi si stanno fondendo, fisicamente e psicologicamente. […] Il campus e la società si stanno fondendo con qualche riluttanza e cautela, ma la fusione è già a uno stadio avanzato.
La società? Come si definiva, chi era la “società”? Quando scoppiarono i disordini a Berkeley, comparvero subito le prime risposte radical ai ragionamenti di Kerr. Già il 2 ottobre Hal Draper, un redattore socialista della rivista New Politics e bibliotecario nella locale biblioteca universitaria, pubblicò un pamphlet che ebbe ampia circolazione. Secondo Draper, era così che funzionava The Mind of Clark Kerr (questo era il titolo del pamphlet), era così che Kerr intendeva la “società”:
L’uso dell’università, il ruolo della multiversity, consiste, in questa nostra società fondata sul mondo degli affari, nell’avere un rapporto con l’attuale struttura di potere che è simile al rapporto di qualunque altra impresa industriale. Ci sono le ferrovie e le acciaierie e i supermarket e le fabbriche di salsicce – e ci sono anche le Fabbriche della Conoscenza, la cui funzione è servire tutte le altre e lo Stato.
Siamo qui per servire i Poteri che governano la società: questo è il significato delle affermazioni ripetute di Kerr che l’università si sta fondendo con la società. Ma supponiamo di avere dei “non conformisti” e degli “estremisti” che vogliano anche loro uscire [dalla obsoleta torre d’avorio e andare verso la società], ma in quanto critici dissidenti o radicali e avversari del potere, non come lacché intellettuali?
Questa, ovviamente, non è la stessa cosa. […] Secondo il Capitano della Burocrazia [Kerr] non è con la “società” che deve fondersi la multiversity: bensì con i “gruppi dirigenti della società” che, per lui, sono identici alla “società” stessa.
E’ in questo contesto che si capisce la retorica appassionata e irruente del discorso di uno dei dirigenti carismatici del nascente movimento, Mario Savio, il 20 novembre (nella foto). Il suo discorso non era solo una difesa del free speech. Era un grido esistenziale e politico di rivolta contro una università percepita, a torto o a ragione, come una organizzazione burocratica e impersonale, come una fabbrica al servizio di altri interessi, non degli studenti. E Clark Kerr ne era il teorico, ed era l’arci-nemico.
E se il Presidente Kerr è il manager [di questa grande impresa], allora vi dico una cosa – i docenti sono un mucchio di impiegati, di dipendenti! E noi siamo la materia prima! Ma siamo un mucchio di materie prime che non intendono farsi lavorare, non intendono farsi trasformare in un prodotto, non intendono farsi comprare dai clienti dell’università, siano essi il governo, siano l’industria, siano il movimento sindacale, siano essi chiunque! Siamo esseri umani!
Arriva un momento in cui il funzionamento della macchina diventa così odioso – ti fa così rivoltare il cuore – che non puoi più esserne parte. Non puoi più esserne parte neanche passivamente. E devi gettare il tuo corpo nell’ingranaggio, nelle ruote e nelle leve dell’ingranaggio, in tutto l’apparato, e devi bloccarlo, fermarlo. E devi far capire alla gente che lo governa, alla gente che lo possiede che, ammenoché tu non sia libero, alla macchina sarà impedito di funzionare del tutto.
Il discorso di Mario Savio, in tutta la sua passione, lo si può vedere e ascoltare in questo frammento video – e questo è il testo inglese:
… and if President Kerr in fact is the manager, then I tell you something — the faculty are a bunch of employees! And we’re the raw material! But we’re a bunch of raw materials that don’t mean to have any process upon us, don’t mean to be made into any product, don’t mean to end up being bought by some clients of the university, be they the government, be they industry, be they organized labor, be they anyone! We’re human beings!
There’s a time when the operation of the machine becomes so odious—makes you so sick at heart—that you can’t take part. You can’t even passively take part. And you’ve got to put your bodies upon the gears and upon the wheels, upon the levers, upon all the apparatus, and you’ve got to make it stop. And you’ve got to indicate to the people who run it, to the people who own it that unless you’re free, the machine will be prevented from working at all.
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