E così se vedrete Via col vento sul canale Turner Classic Movies, sister channel di HBO, avrete da oggi a disposizione una breve e sapiente presentazione che spiega e contestualizza. Breve e sapiente quanto basta, scritta e interpretata da Jacqueline Stewart, docente di cinema studies alla University of Chicago, nonché dal 2019 curatrice (la prima afro-americana) di una serie di film sullo stesso canale. Il video, di quattro minuti e mezzo, è facile da trovare, sta anche su Youtube (qui). Fa ciò che si fa di solito nei canali televisivi che trasmettono vecchi film, con alcuni film particolari per popolarità o autorevolezza autoriale e artistica o rilevanza storica.
Questa storia me ne ha fatto venire in mente almeno altre due (a mia memoria, ma ce ne saranno ben altre, ne conoscerete voi ben altre), con caratteristiche un po’ diverse, di due film diversi, di un’epoca e con intenzioni politiche diverse. Le caratteristiche diverse e specifiche sono che nei film in questione, in entrambi i casi, la nota di contestualizzazione è inserita – certo con una decisione (o un ripensamento) a posteriori, ma comunque direttamente nella pellicola, in didascalie che accompagnano i titoli di testa, per il pubblico in sala; come nel cinema muto di un tempo, insomma. I due film sono la versione italiana di Grapes of Wrath di John Ford, cioè Furore, importato in Italia, doppiato e pubblicato solo nel 1952, benché l’originale sia del 1940; e The Blackboard Jungle (da noi Il seme della violenza) di Richard Brooks, del 1955. L’epoca è dunque quella della guerra fredda, e capite bene perché le intenzioni politiche siano diverse.
Nel caso di Furore, la didascalia che conosco è in italiano, da qualcuno attribuita ai timidi distributori del nostro paese; ma sembra una traduzione dall’inglese, e non so chi l’abbia preparata o consigliata, se anche per altre edizioni internazionali del film. Il messaggio è ovvio: la democrazia consente di fare cinema di denuncia come questo (a differenza implicita di altri regimi che non vi dico, immaginateveli voi), comunque si tratta di problemi specifici (cioè limitati), il governo interviene per risolverli, e soprattutto: negli Stati Uniti di oggi queste cose non succedono più, non siamo più il paese della grande depressione. Metto qui il testo completo, che ricavo da una fonte giornalistica a stampa del tempo. Una fonte che, essendo un periodico (qui) dell’allora Partito comunista italiano, denuncia il tutto come “un poema di ipocrita malafede”.
Nel centro degli Stati Uniti d’America esisteva una zona soprannominata la Conca di Polvere a causa della siccità che l’affliggeva. La crisi economica del 1929 venne ad aggravare la povertà che da questo particolare stato di cose derivava, obbligando molte famiglie di agricoltori ad abbandonare la loro terra in cerca di suolo più fertile. Eccovi le vicende di una di queste famiglie che dovette abbandonare la propria terra ed intraprendere un lungo viaggio in cerca di un tetto, di pace e di sicurezza.
In tutte le democrazie la stampa, la radio, il cinematografo completamente liberi, cercano incessantemente le ingiustizie e gli abusi che possono danneggiare qualsiasi categoria di cittadini e centrano su di essi la luce della pubblicità provocando l’intervento delle Autorità Governative che prontamente corrono in aiuto dei cittadini colpiti preservandone la vita, il benessere, gli affetti e le tradizioni. Il film al quale state per assistere ha contribuito appunto a risolvere uno di questi problemi e viene ora presentato con l’augurio che la fede nei valori spirituali ci eviti, per l’avvenire, la necessità di risolvere problemi del genere.
Nel caso di The Blackboard Jungle ho gli screenshots, li vedete più sotto, perché la parte iniziale del film, con i titoli di testa originali, è disponibile su Youtube. (La colonna sonora è il celeberrimo Rock Around the Clock di Bill Haley and the Comets, che introduce il rock’n’roll al grande pubblico americano e mondiale). Qui la contestualizzazione sembra più complessa. La didascalia in inglese è aggiunta dai distributori per i mercati internazionali (non so se nella versione italiana, o in quelle di altri specifici paesi, sia anche tradotta). La “delinquenza giovanile” è un tema delicato di quegli anni, preoccupa, genera panico in patria. C’è il timore che il film trasmetta all’estero un’immagine troppo cruda e violenta degli Stati Uniti, che confermi le convinzioni di chi vede nell’importazione della cultura americana un fattore di corruzione – di tutti e dei giovani in particolare (eh già, ci sono pure le seduzioni del r’n’r).
Per cui è bene mettere le mani avanti. Il nostro sistema scolastico, annuncia la didascalia, è nel suo complesso un vanto del paese. Il comportamento dei giovani ci preoccupa, anche se quelli descritti nel film sono incidenti atipici, inventati. E comunque discuterne pubblicamente è il modo migliore per cominciare a trovare rimedi. E’ in questo spirito che il film è stato fatto.
(Leggo qui che in parecchi paesi il film è accolto con ostilità, censurato, tagliato, bandito; in altri paesi no. In Italia l’ambasciatrice Clare Booth Luce impone al distributore Metro-Goldwin-Mayer di ritirare il film dal festival di Venezia, pena il suo boicottaggio del festival stesso. Un produttore MGM parla di una “sciocchezza ipocrita” e di “flagrante censura politica”. E’ lo stesso che, in privato, difende il film dicendo a chi ne teme una “strumentalizzazione comunista”: ma no, piuttosto è un “portrait of democracy at work”. Non è che avesse tutti i torti).
- La Commissione Kerner sulle cause dei disordini razziali del 1967: “due società, una nera, una bianca – separate e ineguali”.
- Americani in armi, sulla pubblica piazza
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