Ma ci sono davvero società per loro natura bi-polari o bi-partitiche? Mi sa proprio di no. Ci sono sistemi elettorali che, storicamente, polarizzano. Ci sono sistemi di partito che, storicamente, si costruiscono e auto-costruiscono come bi-partitici. Ci sono sistemi istituzionali che, strutturalmente, favoriscono la competizione a due (per esempio, l’elezione di un presidente). Neanche la società americana è naturalmente binaria. Se cambia il sistema elettorale, esprime anch’essa la pluralità di opzioni politiche – se si vuole, la ricchezza di posizioni politico-culturali – che, com’è naturale, circolano al suo interno. E sembra farlo piuttosto rapidamente, quelle poche volte che capita.
Ecco cosa successe, per esempio, quando New York City adottò la rappresentanza proporzionale per il suo consiglio comunale, per dieci anni, fra il 1937 e il 1947. Il partito democratico restò maggioritario, ma il suo predominio “bulgaro” nel City Council si ridusse parecchio. E soprattutto ebbero improvvisamente rappresentanza nuovi soggetti politici –in quel caso liberal, laburisti e comunisti. Quando la PR fu abolita e furono reintrodotti i “tradizionali” collegi uninominali a maggioranza semplice (Single member district, SMD) – quei soggetti scomparvero dalla scena altrettanto improvvisamente, e i democratici tornarono agli splendori di un tempo.
In entrambi i casi (adozione e abrogazione) si trattò di operazioni politiche di ingegneria istituzionale, attuate dal di fuori degli organi rappresentativi, a colpi di referendum popolari. Racconta questa storia Michele Rosa-Clot, This Stalin Frankenstein System: Adoption and Abrogation of Proportional Representation in New York City, 1936-1947, RSA Journal 17/18 (2007).
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