
Sento dire, ma perché anche noi non possiamo goderci in pace la nostra festa nazionale, festeggiando serenamente tutti insieme il 25 aprile come i francesi fanno con il 14 luglio e gli americani con il 4 luglio? Cos’è questa malattia italiana di litigare su tutto, di dividersi su tutto, di fare polemiche su tutto?
Ci saranno molte risposte complesse a queste domande, e io non le conosco, ma credo che ce ne siano due elementari, un po’ a prova di fact-checking. La prima è la più ovvia, basta guardare le date degli eventi celebrati, non solo i giorni ma anche gli anni. Le feste in bianco-rosso-blu franco-americane ricordano eventi rivoluzionari di due secoli e mezzo fa, del 1776, del 1789. Insomma hanno l’età di matusalemme. La festa della Liberazione non ha ancora ottant’anni, è arzilla e capace di eccitare passioni calde, fresche nella memoria.
La seconda risposta è altrettanto elementare, ma bisogna conoscere un po’ la storia.
La festa nazionale francese del 14 luglio non è mica nata subito, come il 25 aprile. E’ stata istituita nel 1880, novanta anni dopo, e anche in Francia, come da noi in Italia, novanta anni dopo era ancora una patata bollente. Davvero era opportuno festeggiare un giorno di violenza rivoluzionaria e sangue, un giorno cosìdivisivo, come quello della presa della Bastiglia? Non era forse meglio festeggiare il suo primo anniversario, il 14 luglio 1790, la Festa delle Federazione, simbolo dell’unione della nazione? Se capisco bene, per evitare di decidere, la legge istitutiva non si pronunciò su quale dei due eventi si intendesse davvero commemorare, e amen. Quando si dice ciurlare nel manico, come solo sa fare l’esprit cartésien francese.
E Independence Day, il Glorious Fourth degli Stati Uniti? Esistette da subito, ma tutt’altro che in serenità e concordia. Era il giorno della Dichiarazione di indipendenza, il documento più radicale della rivoluzione, che i democratici agitavano contro i federalisti, che invece adoravano la Costituzione, il documento della restaurazione conservatrice. Capitava che i due partiti facessero feste separate, che qualche volta si menassero pure. Più tardi subentrarono altri conflitti. Le celebrazioni erano uno spettacolo che poteva essere interrotto da incursioni di gruppi militanti che rivendicavano rumorosamente l’abolizione della schiavitù, i diritti delle donne, il riscatto populista del popolo lavoratore. Dicevano alto e forte di essere loro gli eredi genuini e i veri interpreti dello spirito originario del 1776.
Anche negli Stati Uniti, come mi sembra in Francia, ci volle grosso modo un secolo perché la festa nazionale acquisisse un significato poco o niente divisivo. Con ciò, naturalmente, perdendo parecchio in sapore, in frizzantezza sociale e ideale, in passione politica. Che va anche bene, se è questo che si vuole. Succede così che gli eventi eccitanti del quattro di luglio siano i fuochi d’artificio, e quelli del 14 di luglio i fuochi d’artificio e i balli in piazza, se si fanno ancora (magari, se si è fortunati, in un ballo popolare a Place de la Contrescarpe si potrà incontrare l’amore della vita, come succede a Giorgio Amendola in una pagina memorabile delle sue memorie). E per il 25 aprile, fra qualche tempo, si andrà a fare una scampagnata, cosa che, peraltro, facevo già da piccolo.
Categorie:Uncategorized